Se le stelle fossero persone, questa che ci offre oggi ALMA sarebbe una sorta di ricostruzione dettagliata della struttura interna d’un reparto d’ostetricia per neonati di grossa taglia. Ricostruzione ottenuta puntato le 66 antenne del Large Millimeter/submillimeter Array di Atacama, sulle Ande cilene, verso G33.92+0.11: un enorme grumo di gas molecolare a 23mila anni luce da noi nel quale sta, appunto, prendendo forma un ammasso stellare particolare, una cosiddetta “associazione OB”. Grazie alla risoluzione senza rivali di ALMA, gli astronomi sono riusciti a vedere in dettaglio, al suo interno, due bracci di gas molecolare incredibilmente lunghi – parliamo di un’estensione che si aggira attorno ai 3.2 anni luce – avvolgersi a spirale attorno a due nuclei anch’essi di gas molecolare. Segno che proprio questi bracci, scrivono i ricercatori del team guidato da Hauyu Baobab Liu dell’ASIAA di Taiwan sulle pagine di The Astrophysical Journal, sono le culle di quei nuclei nei quali si formeranno – o già si stanno formando – le stelle OB, i “neonati di grossa taglia” ai quali accennavamo prima: fuor di metafora, stelle calde e massicce.
Al di là della bellezza delle immagini e del successo tecnologico intrinseco nell’aver raggiunto una risoluzione così spinta, ciò che interessa maggiormente gli astronomi è come questo risultato potrà contribuire a rispondere a una domanda cruciale, apparentemente semplice ma in realtà assai insidiosa: come riescono ad aggregarsi, questi ammassi stellari tenuti insieme dalla forza di gravità? Insidiosa perché, non appena l’attrazione gravitazionale porta il gas a condensarsi fino a dar vita alle prime nuove stelle, ecco che i venti sospinti da queste ultime iniziano a disperdere il gas circostante – un meccanismo di retroazione negativa che gli astronomi chiamano stellar feedback – rischiando così d’estinguere sul nascere il processo di formazione stellare.
Ebbene, grazie all’alta risoluzione consentita da ALMA, nonché alla sua capacità di discernere fra diverse fonti d’emissione, l’osservazione dei due nuclei e dei bracci di gas molecolare di G33.92+0.11 ha fornito indizi importanti. In particolare, oltre alle polveri, sono tre i “traccianti” utilizzati da ALMA per ricostruire l’attività in corso all’interno della nube molecolare. Primo, l’acetonitrile (CH3CN), abbondante nei due nuclei centrali, i più densi e luminosi, segno della presenza di stelle massicce. Secondo, le molecole di DCN (acido cianidrico con idrogeno pesante), la cui distribuzione, sovrapponendosi a quella della polvere, indica che i bracci molecolari attorno ai nuclei più periferici, quelli meno massicci, sono relativamente freddi. Il monosolfuro di carbonio (13CS) presente nei bracci attorno ai due nuclei centrali, al contrario, è segno di gas a temperature decisamente più elevate.
Ebbene, ciò che l’insieme di questi indizi suggerisce è che il collasso gravitazionale in corso nella nube stia avvenendo a grande rapidità: una condizione che, stando ai modelli, potrebbe contribuire a neutralizzare quel meccanismo di stellar feedback al quale accennavamo poc’anzi. Si osserva, inoltre, come il momento angolare residuo abbia portato alla formazione della struttura rotante di gas, densa e appiattita. Come spiega uno dei coautori dello studio, Roberto Galván-Madrid, “le strutture di gas molecolare simili a bracci di spirale dovrebbero essere comuni a molti sistemi, e a diverse scale di grandezza, a patto che siano gravitazionalmente instabili e presentino una rotazione non trascurabile. Ed è esattamente ciò che stanno iniziando a mostrarci queste spettacolari immagini realizzate con ALMA”.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophyisical Journal l’articolo “ALMA Resolves the Spiraling Accretion Flow in the Luminous OB Cluster-Forming Region G33.92+0.11”, di Hauyu Baobab Liu, Roberto Galván-Madrid, Izaskun Jiménez-Serra, Carlos Román-Zúñiga, Qizhou Zhang, Zhiyun Li e Huei-Ru Chen