Benché abbiano declassato Plutone a pianeta nano nel 2006, gli astronomi non hanno certo diminuito il loro interesse per il cugino più distante della Terra e per la sua manciata di lune. Una pubblicazione in uscita sulla rivista Nature, frutto di una analisi completa dei dati ottenuti con il telescopio spaziale Hubble, rivela ora per la prima volta i dettagli dei modelli orbitali e rotazionali di quel nugolo un po’ anomalo costituito da Plutone e dalle sue cinque lune conosciute.
Lo studio descrive un sistema dominato da Plutone e dalla sua luna più grande, Caronte, che assieme costituiscono ciò che può essere considerato un “pianeta binario”, attorno al quale orbitano quattro lune più piccole. Oltre a riportare le tecniche utilizzate per scoprire in anni recentissimi le due lune minori, Kerberos e Styx (Cerbero e Stige), la nuova ricerca fornisce anche una descrizione dettagliata degli strani e imprevedibili stati di rotazione delle due lune un po’ più grandi, Nix e Hydra (Notte e Idra), scoperte nel 2005.
«Come bravi bambini, le lune generalmente tengono il viso attentamente rivolto sul loro pianeta madre, mostrando – come fa la nostra Luna – sempre lo stesso lato», dice Douglas Hamilton, professore di astronomia presso l’Università del Maryland e co-autore del nuovo studio. «Quello che abbiamo imparato è che le lune di Plutone appaiono piuttosto come adolescenti scontrosi che si rifiutano di seguire le regole».
Il campo gravitazionale, squilibrato e dinamicamente instabile, creato da Plutone e Caronte costringe le lune più piccole a caracollare in modo imprevedibile. L’effetto è amplificato dal fatto che i satelliti hanno approssimativamente la forma di un pallone da rugby, piuttosto che sferica.
In contrasto con questi moti rotatori apparentemente casuali, le lune seguono un modello sorprendentemente prevedibile mentre orbitano attorno al pianeta binario formato da Plutone e Caronte. Tre di loro – Nix, Styx e Hydra – sono collegate da una risonanza orbitale, esercitando una reciproca e regolare influenza gravitazionale che stabilizza le relative orbite. Il medesimo effetto, denominato risonanza di Laplace, che può essere osservato nelle tre grandi lune gioviane Io, Europa e Ganimede.
«Il rapporto di risonanza tra Nix, Styx e Hydra rende le loro orbite più regolari e prevedibili, impedendo che vadano a sbattere l’una contro l’altra», spiega Hamilton. «Questo è uno dei motivi per cui il piccolo Plutone è in grado di avere così tante lune».
Lo studio ha anche rivelato che Kerberos è scura come il carbone, mentre le altre lune sono brillanti come sabbia bianca. «Questo è un risultato molto stimolante», dice l’altro autore dello studio, Mark Showalter dell’Istituto SETI. Secondo le previsioni degli astronomi, infatti, la polvere creata da impatti meteorici dovrebbe rivestire tutte le lune in modo uniforme, rendendo le loro superfici simili d’aspetto.
«Prima delle osservazioni di Hubble, nessuno ha apprezzato a dovere le dinamiche complesse del sistema di Plutone», prosegue Showalter, ricercatore delle cui scoperte abbiamo sovente parlato su Media INAF. Il previsto sorvolo ravvicinato, che la sonda New Horizons compirà nel prossimo mese di luglio, potrà aiutare a risolvere il mistero della superficie scura di Kerberos, e certamente permetterà di raffinare la comprensione degli stravaganti modelli orbitali e di rotazione scoperti grazie a Hubble. Il team di New Horizons sta già usando queste ultime scoperte per ottimizzare l’imminente attività d’indagine scientifica.
I ricercatori ritengono, infatti, che uno studio più approfondito del caotico sistema Plutone-Caronte sarebbe utile per raffigurarsi come si comportino i pianeti intorno a una stella binaria. In effetti, anche se sono stati rintracciati molti pianeti extrasolari nelle vicinanze di stelle binarie, questi sistemi stellari sono comunque troppo lontani per poter dedurre i loro modelli di rotazione con la tecnologia esistente.
«Stiamo imparando che il caos può essere una caratteristica comune dei sistemi binari», dice in conclusione Hamilton. «Questo potrebbe anche avere conseguenze per l’eventuale sviluppo della vita su pianeti orbitanti attorno a coppie di stelle».