Sempre più vicino, sempre più in dettaglio. Il pianeta nano Cerere, il primo mai raggiunto da una sonda spaziale, è avvolto ormai da qualche settimana nelle spire sempre più strette dell’orbiter Dawn della NASA. Ma continua a custodire gelosamente i suoi segreti. Uno su tutti: la natura di quella coppia di chiazze bianchissime che si stagliano sul fondo d’un cratere di 90 km di diametro.
Nonostante il livello di dettaglio senza precedenti delle ultime immagini, scattate da 4400 km di distanza dal suolo e con una risoluzione pari a 410 metri per pixel (cliccate sull’immagine qui a fianco per apprezzarla al meglio), le due macchie misteriose – in realtà, si tratta di una miriade di punti brillanti più piccoli – non hanno ancora una spiegazione certa. Tanto che la NASA ha persino messo online un sondaggio, rivolto a chiunque voglia partecipare, che permette di scegliere fra vulcani, geyser, rocce, ghiaccio, depositi di sale o “altro” – e proprio quest’ultima, al momento, è la scelta più gettonata…
«Quei punti luminosi, nella configurazione in cui li osserviamo, fanno di Cerere qualcosa di unico rispetto a tutto ciò che abbiamo visto fino a ora nel Sistema solare. Il team scientifico è al lavoro per comprenderne l’origine. La spiegazione più probabile, almeno nella mia testa», dice il principal investigator della missione Dawn, Chris Russell, di UCLA, «è che si tratti di riflessi da superfici di ghiaccio, ma come team continuiamo a considerare ipotesi alternative, come quella che si tratti di sale. Le osservazioni più ravvicinate consentite dalla nuova orbita, nonché le immagini da più punti di vista, ci permetteranno di determinare presto la natura di questo fenomeno enigmatico».
Un ottimismo, questo di Russell, condiviso anche dalla responsabile dello strumento VIR (lo spettrometro a bordo di Dawn, fornito dall’ASI sotto la guida scientifica dell’INAF), Maria Cristina De Sanctis, dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziale dell’INAF di Roma: «L’aumentata risoluzione ci permette di vedere dettagli della superficie che prima erano molto sfuggenti. Le osservazioni dall’orbita Survey, in cui siamo entrati questi giorni, prevedono risoluzioni ancora più elevate e ci forniranno le prime risposte a molti dei quesiti sorti dall’analisi dei primi dati a bassa risoluzione. Le prossime immagini, quindi, saranno ancora più interessanti e ci aspettiamo nuove scoperte a breve».
Ed è proprio dallo spettrometro italiano VIR che potrebbero arrivare informazioni dirimenti sulla natura dei punti luminosi. Questo grazie alla sua capacità di osservare non solo in banda ottica ma anche in infrarosso, come testimonia l’immagine qui a fianco, ottenuta da VIR il 16 maggio scorso da una distanza di 7.300 km: rappresenta una regione dell’emisfero settentrionale di Cerere, restituita in bianco e nero (in alto), a colori autentici (in mezzo) e infine come mappa in temperatura (in basso), con i pixel più chiari corrispondenti alle zone più fredde e i più scuri a quelle più calde, ottenuta grazie ai dati in banda infrarossa.
Per saperne di più:
Guarda su INAF-TV il servizio sui crateri di Cerere: