Grazie ad una serie di osservazioni realizzate con il telescopio spaziale Hubble in banda infrarossa, gli astronomi hanno svelato alcuni preziosi indizi sull’origine e l’evoluzione iniziale dei quasar, gli oggetti più brillanti dell’Universo. I risultati, pubblicati su Astrophysical Journal, suggeriscono che questi oggetti si formano quando le galassie entrano in collisione ed inizia il processo di alimentazione del buco nero supermassiccio che risiede nei loro nuclei.
Scoperti negli anni ’60, un quasar (contrazione di “oggetto quasi-stellare”) emette così tanta radiazione paragonabile a quella prodotta da mille miliardi di stelle, concentrata in una regione dello spazio più piccola rispetto alle dimensioni occupate dal nostro Sistema Solare. Gli studi effettuati su questi oggetti nel corso degli ultimi due decenni hanno portato i ricercatori a concludere che l’energia emessa dai quasar proviene dai buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle galassie distanti. Ma la domanda è: da dove proviene il “combustibile” che alimenta i buchi neri? Per tentare di rispondere a questa domanda, è stato teorizzato che tale energia potrebbe aver origine dal processo di merging di due galassie. “Abbiamo cercato di comprendere come mai le galassie alimentino i propri buchi neri centrali e una delle ipotesi principali si basa proprio sull’interazione galattica”, spiega Kevin Schawinski del Swiss Federal Institute of Technology in Zurich e co-autore dello studio.
«Queste osservazioni ci mostrano che i quasar più brillanti vivono davvero nelle galassie interagenti». «Le immagini di Hubble confermano che i quasar più luminosi risultano dalla violenta interazione delle galassie, un processo che determina la crescita e l’evoluzione del buco nero centrale, trasformando di conseguenza l’ambiente galattico», aggiunge C. Megan Urry Israel Munson Professor of Astronomy and Astrophysics alla Yale University e co-autrice dello studio. «Questi merger rappresentano anche quei luoghi cosmici in cui avvengono le interazioni tra i buchi neri, che speriamo di poter osservare un giorno tramite i telescopi per lo studio delle onde gravitazionali».
Nonostante sia stato ipotizzato in precedenza che il merger di due galassie rappresenti la causa principale che fa ‘accendere’ un quasar, il suo forte bagliore rende difficile vedere i segni del processo d’interazione galattica. Per ovviare a ciò, Eilat Glikman del Middlebury College nel Vermont e autrice principale dello studio ha proposto un modo intelligente di sfruttare la sensibilità di Hubble nella banda del vicino infrarosso al fine di intravedere la galassia ospite. In tal senso, la natura ha anche dato una mano ai ricercatori mostrandoci dei casi in cui i quasar sono estremamente avvolti nella polvere. Ciò fa sì che la polvere indebolisca l’intensa luce emessa dal quasar perciò la galassia ospite può essere osservata più facilmente.
I ricercatori hanno selezionato un campione di 11 quasar, osservati da precedenti survey realizzate da diversi strumenti terrestri in banda radio ed infrarossa, servendosi della Wide Field Camera 3 installata a bordo di Hubble. Questi oggetti “arrossati” per causa della polvere si trovano all’epoca in cui si registra il picco dell’attività di formazione stellare, circa 12 miliardi di anni fa. “Le osservazioni di Hubble ci dicono che il picco dell’attività dei quasar primordiali è proprio dovuto alla collisione delle galassie e quindi al loro merger. Perciò, stiamo osservando i quasar nella loro adolescenza cioè in una fase caotica in cui essi stanno evolvendo rapidamente. In questo scenario in cui il protagonista assoluto diventa il buco nero, possiamo affermare che le nuove immagini di Hubble si riferiscono proprio alla fase transitoria del merger. Esse sono molto belle e alquanto descrittive”, conclude Glikman.
arXiv: Major Mergers Host the Most Luminous Red Quasars at z ~ 2: A Hubble Space Telescope WFC3/IR Study