Gli astrofisici italiani Filippo D’Ammando dell’Università di Bologna e Monica Orienti dell’INAF-Istituto di Radioastronomia hanno di nuovo (qui il precedente articolo pubblicato a gennaio 2015) guidato un gruppo di scienziati a svelare il mistero di un particolare AGN – un nucleo attivo di galassia, dove un massiccio buco nero “spara fuori” potenti getti di materia – che ha brillato inaspettatamente anche nei raggi gamma.
I ricercatori, in gran parte italiani e dell’INAF, descrivono in uno studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society come i getti di questo AGN, classificato come radio galassia PKS 0521-36, devono essere più orientati verso di noi di quanto si possa dedurre dalla sua “foto segnaletica”.
Il getto di un AGN può essere diretto verso il nostro punto di vista con un angolo molto stretto (per dare un numero indicativo, entro i 5 gradi). Questi sono i cosiddetti blazar, tra le sorgenti più luminose che si osservano alle alte energie, grazie a un’amplificazione per effetti relativistici della loro emissione intrinseca. Ad angoli di vista progressivamente meno diretti abbiamo prima i quasar e poi le cosiddette radio galassie, dove il getto viene visto sempre più perpendicolarmente.
Nel caso della radio galassia PKS 0521-36, gli astrofisici non si aspettavano di rilevare intensi lampi gamma, normali per un blazar ma non per un AGN come questo, i cui getti vengono osservati sotto un angolo di vista relativamente grande. Insomma, è come se in una stanza buia qualcuno ci stesse accecando con una torcia elettrica, anche senza puntarci il fascio luminoso direttamente negli occhi.
«La natura di questo AGN era controversa», spiega D’Ammando a Media INAF. «La scoperta di intensa attività nei raggi gamma da una sorgente che non dovrebbe puntare il suo getto verso di noi, e quindi dovrebbe avere una luminosità apparente più bassa, ci ha motivato a studiare in gran dettaglio le caratteristiche di PKS 0521-36 e i meccanismi di emissione ad essa legati».
I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti con diversi telescopi spaziali e da terra (Fermi, Swift, XMM-Newton, Chandra, VLBA, VLA, UMRAO e SMA), operanti in diverse frequenze elettromagnetiche, dal radio fino ai raggi gamma, per studiare approfonditamente la natura di questo AGN, la struttura del suo getto relativistico e i meccanismi di emissione che lo rendono così speciale.
Osservata nelle frequenze radio, PKS 0521-36 presenta un getto che si protende fino a grandissime distanze, per migliaia di anni luce. La parte più interna del getto ha una struttura discontinua (simile a quella della famosa radio galassia M87, nelle immagini a fianco), ed è stata rivelata anche in ottico e nei raggi X, cosa non comune per sorgenti con getti fortemente collimati. Queste informazioni suggerivano ai ricercatori un orientamento del getto non allineato con gli osservatori a Terra, un’emissione poco collimata del getto e, in definitiva, più debole rispetto ai blazar.
«Dopo aver raccolto varie informazioni multi-banda sulla natura di questo AGN, eravamo giunti alla conclusione che si trattasse di un certo tipo di radio galassia o di quasar che non ci puntasse il suo getto in faccia come un faro, come invece accade per i blazar», prosegue D’Ammando.
Per interpretare la natura della sorgente in uno scenario coerente con l’emissione di lampi gamma, il team ha applicato il modello teorico di getto strutturato proposto già in passato da due ricercatori dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera, Gabriele Ghisellini e Fabrizio Tavecchio, fra gli autori di questo studio. Modellando l’emissione dal radio al gamma di PKS 0521-36, il team di ricercatori ha cercato di ottenere dei vincoli sull’angolo con cui questo AGN ci presenta il suo getto. Il risultato è un angolo di vista compreso tra 6 e 15 gradi, più stretto di quel che ci aspettava basandosi sulle sue caratteristiche.
«Questo tipo di studi mostra come la varietà di AGN che possono avere getti relativistici potenti non si limiti ai classici blazar, ma comprende anche alcune radio galassie e quasar oltre alle già note narrow-line Seyfert 1», conclude D’Ammando. «Studiando e confrontando queste diverse tipologie di AGN potremo ottenere importanti informazioni sulla struttura dei loro getti e sulla loro formazione».