Oggi vi proponiamo un esperimento: prendetevi un paio di minuti e aprite la pagina di un motore di ricerca. Digitate: gorilla. Scoprirete che il nome è stato introdotto da uno scienziato francese, ispirandosi a una popolazione di donne selvagge e pelose della Libia. Bene, ora digitate: gorilla glass. Fra le immagini suggerite vedrete apparire simpatici primati nell’atto di baciare la loro immagine riflessa… accanto a smartphone, tablet, laptop. Se avete pazienza di spulciare la categoria video, poi, c’è da divertirsi: gente che maltratta costosi device ipertecnologici con coltelli e taglierini, senza produrre il minimo graffio.
Si tratta del Gorilla® Glass, il vetro ultraresistente e sottile prodotto dalla Corning con un processo definito tempra chimica. Siamo più abituati a sentire parlare di tempra termica, il processo che consiste nel brusco raffreddamento di un materiale dopo averlo portato ad alta temperatura, allo scopo di ottenere vetri più resistenti. La tempra chimica invece può essere applicata a particolari tipi di vetro, rendendoli da 5 a 10 volte più robusti di un vetro temprato termicamente.
Ora cosa c’entra tutto questo con l’astronomia? A spiegarcelo è Bianca Salmaso, autrice di un interessante articolo appena uscito su Experimental Astronomy cui ha partecipato il gruppo di ottiche X dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera, sede di Merate.
«I telescopi per raggi X della prossima generazione devono essere costruiti con materiali leggeri, come il silicio e il vetro, necessariamente molto sottili perché si possa assemblare un numero elevato di specchi in modo da aumentare la raccolta di fotoni. Devono altresì rispettare tolleranze di forma e rugosità molto strette. Infatti l’essere sottili va in direzione opposta alle buone performance come forma e rugosità», spiega Salmaso. «Tutte queste caratteristiche renderanno i telescopi X della prossima generazione capaci di risolvere oggetti celesti a distanze maggiori di quelle attualmente raggiungibili. Tuttavia, un telescopio X deve essere lanciato, dato che i raggi X provenienti dallo spazio non arrivano a terra, e le vibrazioni nel momento del lancio impongono delle tolleranze di robustezza difficili da immaginare per un vetro sottile meno di 1 mm».
Per essere sicuri che un telescopio in vetro resista al lancio, bisogna prevedere buoni margini di sicurezza. Uno studio commissionato dall’Agenzia Spaziale Europea al gruppo di ottiche X dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera durante un’attività di ricerca svolta fra il 2009 e il 2013 per lo sviluppo di un’ottica di backup in vetro per il telescopio IXO (ora sfociato nella missione ATHENA) ha calcolato che la probabilità di sopravvivenza al lancio di tutti i 16560 vetri del telescopio avrebbe soddisfatto la richiesta più blanda del 99%, ma non quella più stringente del 99.99%. E se vi sembra una differenza trascurabile, pensate che se anche si rompesse un solo vetro, i frammenti potrebbero far fallire la missione.
«Se diventa essenziale rispettare queste tolleranze, dobbiamo trovare un vetro più robusto degli attuali. E il Gorilla Glass, già famoso per la sua robustezza, sembra fare al caso nostro», prosegue Salmaso. «Certo le tolleranze in forma e rugosità per un telescopio X sono decisamente maggiori di quelle di uno smartphone o un tablet, ma perché non provare? È così che abbiamo intrapreso un’attività di ricerca per verificare se le deformate eventualmente introdotte dalla tempra chimica su vetri da noi curvati fossero gestibili con il nostro processo di integrazione dei segmenti in vetro nel telescopio. Il lavoro è stato svolto in collaborazione tra INAF – Osservatorio Astronomico di Brera e partners industriali: MDI Schott in Germania per il taglio dei vetri, e EuropTec in Svizzera per la tempra chimica. I risultati raggiunti suggeriscono che il vetro Gorilla ha le potenzialità di essere utilizzato per i telescopi X della prossima generazione».
Per saperne di più, leggi l’articolo su Experimental Astronomy cliccando qui.