Questa volta la fucina hitech dell’Agenzia spaziale statunitense, il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, in California, ha deciso di ispirarsi direttamente a madre Natura: i ricercatori NASA stanno infatti lavorando a un sofisticato sistema di presa che si ispira alle zampe dei gechi. Questi animali, capaci di muoversi sulle pareti con agilità, che siano verticali o a soffitto, sfruttano per arrampicarsi la peculiare struttura delle zampe con piccoli peli sotto la piante del piede. Aaron Parness e colleghi al JPL hanno imitato questa struttura per dare vita a un materiale composto da peli sintetici ben più sottili di un capello umano e capaci di esercitare una presa ottimale su diverse superfici.
Il trucco c’è e si vede: dietro questo fenomeno ci sono le forze di Van der Waals, il materiale in pressione sulla superficie desiderata dà origine a un leggero campo elettrico generato dalla disomogenea distribuzione degli elettroni sull’area di contatto fra i materiali. Un fenomeno che persiste anche a temperature, pressioni e radiazioni estreme. E quindi ottimo per lo spazio.
«Le nostre ancore hitech non lasciano alcun residuo e non richiedono una superficie di accoppiamento come abbiamo dovuto prevedere in passato con il velcro», spiega Parness. Ed è molto interessante anche la capacità di ancoraggio in rapporto al peso di questi piedi di geco 2.0. Ogni ancora arriva a sostenere l’equivalente di 16 chilogrammi. Nei test di volo in microgravità con il NASA Space Technology Mission Directorate’s Flight Opportunities Program, la tecnologia del geco è stata testata per verificare la tenuta di un cubo da una decina di chilogrammi con un ragazzone da 100 chili. Test superato brillantemente e sistema perfettamente funzionante anche a seguito dei 30.000 cicli di stress test eseguiti in laboratorio.
Al JPL hanno già pronte tre adesivi-geco di dimensioni diverse, pronti per quando si vorrà procedere a un test sulla Stazione Spaziale Internazionale. Collaudare il materiale in microgravità anche per lunghi periodi di tempo potrebbe essere interessante e aprire le porte a nuovi impieghi del materiale.
Nel frattempo Parness e compagni stanno già lavorando al prototipo di un robot manutentore per attività extraveicolari in microgravità. Si chiama LEMUR (Limbed Excursion Mechanical Utility Robot) e un domani potrebbe occuparsi della Stazione Spaziale Internazionale sfruttando la tecnologia di movimento ispirata ai gechi.