Certo non poteva riferirsi alle due piccole lune di Saturno Prometeo e Pandora, Giacomo Leopardi, mentre scriveva il suo Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. La loro scoperta, grazie alle foto scattate dalla sonda Voyager 1, risale infatti al 1980, dunque oltre un secolo e mezzo dopo la celebre similitudine fra la vita della Luna e quella del pastore. Eppure la loro vita somiglia talmente a quella del guardiano d’un gregge da essere stati definiti, appunto, shepherd satellites: in italiano, satelliti pastore.
Ora uno studio appena pubblicato su Nature Geoscience prova a gettar luce sulla loro incerta origine. In effetti, i “satelliti pastore” di Saturno sono oggetti dal comportamento curioso: minuscole lune – il loro diametro medio è di un’ottantina di km – fatte in gran parte di ghiaccio, accompagnano con la loro orbita uno fra i più esterni fra gli anelli di Saturno, l’F ring. E lo accompagnano proprio come farebbero due cani da pastore con il proprio gregge: uno su un lato e uno sull’altro, mantenendo i minuscoli frammenti di ghiaccio che formano l’anello – molto esile, largo appena un centinaio di km – al sicuro in mezzo alle loro orbite.
Come s’è venuta a formare questa bizzarra configurazione? Anzitutto, occorre considerare la distanza che separa l’anello F da Saturno: circa 140 mila km. Non una distanza qualsiasi: da quelle parti corrisponde più o meno al cosiddetto limite di Roche, il confine virtuale che separa la regione interna dominata dalle forze mareali del pianeta, dove i frammenti più piccoli tendono a disporsi lungo anelli planetari, e quella esterna in cui la forza di gravità può agire liberamente, dove i frammenti possono invece aggregarsi in corpi via via più grandi fino a formare le classiche lune.
Ebbene, è proprio in questa zona di transizione, che per Saturno si trova a 147 mila km dal pianeta, dunque in prossimità dell’F ring, che incontriamo una formazione “ibrida” come quella dell’anello con i due piccoli satelliti pastori. Fosse stata più vicina, Prometeo e Pandora non avrebbero potuto resistere alle forze mareali, e si sarebbero a loro volta disgregati. Fosse stata più lontana, a non farcela sarebbe stato invece l’anello, i cui frammenti si sarebbero poco a poco aggregati, nel corso del tempo, alle due lune.
Questo per quanto riguarda la distanza. Rimane però aperto un altro interrogativo: chi è figlio di chi? Ovvero, c’era prima il solo anello, i cui frammenti si sono in seguito aggregati – in parte – fino a formare Prometeo e Pandora, o c’erano una o due lune, che frammentandosi parzialmente hanno poi dato origine all’anello F?
Per tentare di trovare una risposta, i due autori dell’articolo, i giapponesi Ryuki Hyodo e Keiji Ohtsuki, hanno creato al computer, tramite una simulazione numerica N-body, due lune virtuali, costituite ognuna da 5000 particelle perfettamente lisce e sferiche, e hanno cominciato a farle scontrare l’una con l’altra. I risultati suggeriscono che, per ottenere una conformazione analoga a quella dell’F ring e dei suoi due piccoli pastori, oltre alla distanza corretta occorrono altre due condizioni: il giusto angolo di collisione e una composizione non uniforme delle lune. In particolare, è cruciale che abbiano al loro interno un nucleo formato da materiale più denso del ghiaccio che lo riveste.
Ebbene, i dati provenienti dalla sonda Cassini sembrerebbero confermare la presenza di queste condizioni, dando così forza all’ipotesi che l’anello F sia proprio quel che resta dell’impatto fra Prometeo e Pandora, o meglio fra i loro progenitori. Non solo: sistemi analoghi, con esili anelli tenuti sott’occhio da coppie di satelliti pastore, scrivono i due astronomi, sarebbero molto più comuni di quanto si pensi anche nei dintorni dei pianeti giganti extrasolari, per quanto difficilissimi da osservare.
Per saperne di più:
- Leggi su Nature Geoscience l’articolo “Saturn’s F ring and shepherd satellites a natural outcome of satellite system formation”, di Ryuki Hyodo e Keiji Ohtsuki