Passata da pochi giorni alla sua minima distanza dal Sole, la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko continua ad essere scortata dalla sonda dell’ESA Rosetta, la quale, instancabilmente, ne scruta ogni dettaglio, ne soppesa ogni piccola o grande manifestazione di esuberanza, come l’improvviso spruzzo di ghiaccio e polvere fotografato a fine luglio.
Anche se Rosetta, vista la prossimità, è in grado di analizzare ogni singola ruga sul volto di “Chury” (come in questo recente articolo su Media INAF), gli scienziati non disdegnano di puntarci i telescopi terrestri, un milione di volte più distanti, per distinguerne la figura intera. Nell’ambito di un programma scientifico italiano complementare a quello di Rosetta, la cometa 67P è stata osservata ieri e oggi, poco prima dell’alba, dal telescopio dell’INAF alle Canarie, il TNG, Telescopio Nazionale Galileo.
«Le comete risultano spesso oggetti rognosi da osservare, perché diventano più brillanti – e quindi più facilmente studiabili – proprio quando si avvicinano al Sole», spiega Walter Boschin, l’astronomo del TNG che ha effettuato la prima delle due osservazioni. «Avvicinandosi al Sole, però, succede frequentemente che la distanza angolare tra il Sole, la Terra e la cometa risulta piccola, poche decine di gradi. Questo comporta che molto spesso le comete sono osservabili per poche decine di minuti dopo il tramonto o prima dell’alba, proprio come nel caso della 67P».
In altre parole, bisogna puntare con il telescopio un oggetto che è vicino al Sole, senza che il Sole sia visibile e lo offuschi con la sua luminosità. Eventualità che si verifica più facilmente al twilight, ovvero al crepuscolo mattutino o serale, quando l’oggetto è basso sull’orizzonte. Una posizione che i telescopi amano poco, perché maggiore è il disturbo causato dalla cosiddetta turbolenza atmosferica, anche in presenza di cielo sereno.
«Le immagini della cometa 67P riprese dal TNG non sono ovviamente eclatanti come quelle riprese dalla sonda Rosetta; né sono belle come quelle di altre comete, come per esempio C/2013 US10 (Catalina)», commenta Gian Paolo Tozzi, dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF, a capo del gruppo di ricerca che ha proposto le osservazioni. «In effetti 67P non sarebbe di per sé una cometa molto interessante, per la quale non avremmo mai richiesto tempo al telescopio se non fosse il target della missione Rosetta. Tuttavia, immagini e spettri come quelli ottenuti al TNG hanno un valore scientifico altissimo, perché ci permetteranno di connettere fenomeni a piccola scala, osservati da Rosetta, con quelli a grandissima scala, visti da Terra».
Con questo tipo di osservazioni, gli scienziati possono dunque capire cosa si vede da Terra quando sulla cometa avvengono fenomeni per noi direttamente non percepibili. Ad esempio, per valutare se durante lo “spruzzo” di cui si diceva all’inizio si notino cambiamenti nella chioma cometaria. Conoscenze che, complessivamente, permetteranno di analizzare il comportamento di altre comete, senza necessariamente recarsi al loro remoto domicilio.