Sopravvivere sul Pianeta rosso è una delle tante sfide che la NASA sta affrontando. Tra il 2025 e il 2030 potrebbe partire il primo equipaggio verso il quarto pianeta del Sistema solare. La colonia umana può già contare su alcuni ritrovati che potranno facilitare la riuscita della missione
Matt Damon nel film “The Martian”, in uscita il prossimo ottobre
Gli Stati Uniti puntato tutto su questo viaggio epico. O almeno è l’obiettivo più importante della NASA da qualche anno a questa parte. L’uomo andrà su Marte, un giorno non molto lontano (la NASA pensa al 2030). E per prepararci al meglio, il famoso regista di Hollywood Ridley Scott sta per uscire con un film che – ne siamo sicuri – sarà campione d’incassi. Si tratta di “The Martian” e ha come protagonista Matt Demon, oltre che Jessica Chastain, Kate Mara, Sean Bean, Jeff Daniels e tanti altri. Il film è tratto dall’omonimo romanzo (in Italia col titolo “L’uomo di Marte”) di Andy Weir, un ex programmatore di computer il quale ha pubblicato una serie di post sul suo blog, con protagonista un astronauta della NASA arenato su Marte, trasformandolo poi un libro di successo. La trasposizione cinematografica uscirà nelle sale italiane il 1° ottobre.
La prima fotografia di Marte risale a 50 anni fa e fra qualche anno potremmo conoscere davvero da vicino il quarto pianeta del Sistema solare. Decenni di esplorazione del pianeta stesso – grazie a sonde e rover – hanno dimostrato che si tratta di un mondo dove una volta c’era acqua in quantità – forse – sufficiente per permettere lo sviluppo della vita in un lontanissimo passato. Il piano della NASA e di altri enti di ricerca è quello di inviare un manipolo di uomini e donne (4 i primi astronauti) sul Pianeta rosso per installare una colonia umana dove vi rimarranno per tutta la vita. È questo in poche parole anche l’ambizioso progetto Mars One,messo in piedi da una no-profit olandese e annunciato nel 2012. Da questo viaggio (per arrivarci occorrono mesi) non c’è ritorno – almeno con la tecnologia a disposizione oggi. Dalle selezioni alla partenza tutto dovrebbe essere seguito in diretta 24 ore su 24 con un reality per raccogliere fondi necessari alla missione che, a quanto risulta dalle prime stime, avrà costi molto elevati.
Intanto esperti della NASA e ricercatori provenienti da tutto il mondo stanno valutando l’idea cercando di mettere a punto la tecnologia necessaria per permettere ai neo-marziani di sopravvivere. Secondo un’indagine del MIT (vedi Media INAF), infatti, la morte potrebbe arrivare entro i primi 68 giorni senza la dovuta attrezzature. Molti dei passi in avanti che sono stati fatti negli ultimi anni in quanto a sviluppi tecnologici e apparecchiature appariranno nel film, ma c’è ancora tanto da fare.
Crediti: Twentieth Century Fox/NASA
1) UNA CASA DOVE VIVERE – Il protagonista, Mark Watney, arriva su Marte con la missione Ares 3 durante una tempesta di sabbia e viene dato per morto dai suoi colleghi sulla Terra. In realtà sopravvive e nel film lo si vedrà passare una notevole quantità di tempo nel modulo abitativo – Hab – la sua casa lontano da casa. I futuri astronauti che atterrano su Marte avranno infatti bisogno di un riparo dalle tempeste, dal freddo marziano e dalle radiazioni solari. Per questo, presso il Johnson Space Center della NASA, gli equipaggi si preparano a spedizioni di lunga durata per missioni nello spazio profondo nel settore Exploration Analog Research umano (HERA), un ambiente indipendente che simula l’abitare in posti simili a Marte.
L’habitat di due piani è completo di aree living, aree di lavoro, di un modulo di igiene e di una camera di compensazione simulata. All’interno del modulo, i membri dell’equipaggio svolgono compiti operativi e vivono insieme per 14 giorni (il programma presto avrà una durata di 60 giorni). L’esperimento, utilizzato anche per istruire gli astronauti che salgono sulla Stazione spaziale internazionale, è utile perché prepara sia l’equipaggio che i tecnici di terra a adottare tempestivamente misure e contromisure durante la missione.
2) COLTIVARE PER SOPRAVVIVERE – Respirare, camminare, dormire, mangiare. Sono gesti, abitudini e azioni normali e scontate nella nostra vita quotidiana. Non lo saranno su Marte, dove si lotta tra la vita e la morte ogni secondo. I futuri astronauti dovranno essere autosufficienti in tutto dall’ossigeno alla luce, dai ricambi al cibo. E l’indipendenza alimentare sarà possibile solo coltivando piante per il proprio sostentamento (vedi Media INAF) in un ecosistema artificiale e autosufficiente che imiti la biosfera terrestre.
Oggi, gli astronauti sulla ISS hanno la fortuna di vedersi consegnare periodicamente cibo e rifornimenti con navicelle cargo, tra cui alcune provenienti dalle industrie commerciali. Su Marte, gli esseri umani saranno da soli e non potranno contare su alcuna missione di rifornimento dalla Terra – ci vorrebbero almeno nove mesi per effettuare una consegna. Nel film, Watney trasforma l’Hab in una fattoria autosufficiente producendo patate. Ma diversi sono già gli esperimenti in atto sull’orbita bassa della Terra. Nella Stazione spaziale internazionale viene coltivata la lattuga: Veggie è un sistema di produzione per alimenti freschi in schiera che utilizza LED rossi e blu e risparmiando circa il 90% di energia rispetto a una tradizionale forma di illuminazione per coltivazioni in serra. La NASA sta cercando di espandere la quantità e il tipo di colture per contribuire a soddisfare le esigenze nutrizionali dei futuri astronauti su Marte.
3) DOVE E COME CERCARE L’ACQUA – Oltre al cibo, il neo-marziano deve essere in grado anche di procurarsi l’acqua quando quella fornita per il viaggio di andata sarà terminata (e terminerà presto). L’equipaggio Ares 3 non spreca una sola goccia su Marte grazie all’impianto di bonifica e riciclo dell’acqua, e Watney ha bisogno di usare tutto il suo ingegno per rimanere idratato e sopravvivere, visto che sul Pianeta rosso – almeno così sembra – non ci sono laghi e fiumi. E anche sulla ISS gli astronauti riciclano ogni goccia di sudore, lacrime e urina. Tutto è controllato e bonificato dall’Environmental Control and Life Support System: attraverso il Water Recovery System (WRS), l’acqua è risucchiata e filtrata, pronta per essere consumata ancora e ancora.
Ma nello spazio bisogna ricordare che i liquidi in condizioni di microgravità si comportano diversamente rispetto all’acqua che troviamo sulla Terra. Ad esempio, per l’urina WRS utilizza una centrifuga per distillazione dato che in assenza di gravità gas e liquidi non si separano come sulla Terra. Intanto la NASA continua a studiare nuovi metodi per il recupero dell’acqua, come i letti monouso di multifiltrazione (i filtri rimuovono i contaminanti organici inorganici e non volatili).
4) GENERAZIONE DELL’OSSIGENO – Su Marte, Watney (AKA Matt Damon) non può uscire per una boccata d’aria fresca, come farebbe sulla Terra. Per sopravvivere all’esterno dell’Hab, deve portare con sé una bombola di ossigeno ovunque. Ma prima l’ossigeno deve essere prodotto. Senza pensarci, crediamo che sulla Terra l’ossigeno esista e basta, ma in realtà è il prodotto di un processo. Nel suo Hab, l’astronauta del film “The Martian” utilizza l'”ossigenatore”, un sistema che genera ossigeno utilizzando l’anidride carbonica dal generatore a combustibile MAV (Mars Ascent Vehicle).
E sulla ISS? Gli astronauti che si trovano già nello spazio a 400 chilometri dalle nostre teste respirano ossigeno prodotto dall’Oxygen Generation System, che bonifica continuamente il veicolo spaziale per fornire aria respirabile efficiente e sostenibile. Il sistema produce ossigeno attraverso un processo chiamato elettrolisi, che divide le molecole di acqua nei loro atomi di ossigeno e idrogeno. L’ossigeno viene rilasciato nel modulo, mentre l’idrogeno viene scartato nello spazio o riciclato nel sistema Sabatier, che crea l’acqua da altri sottoprodotti.
A sinistra: Matt Damon nei panni dell’astronauta della NASA Marc Watney- A destra: il prototipo della tuta Z-2. Crediti: Giles Keyte/NASA
5) LA TUTA SPAZIALE SU MARTE – Un astronauta che si avventura sulla superficie marziana deve necessariamente proteggere il proprio corpo, perché l’ambiente è fra i più inospitali che si possano immaginare. Mark Watney passa gran parte dei suoi sol (cioè i giorni su Marte) lavorando dentro una tuta spaziale, che per ovvie ragioni di praticità deve essere flessibile, comoda e affidabile. La NASA sta sviluppando nuove tecnologie per costruire una tuta spaziale che potrebbe essere utilizzata su Marte, come – ad esempio – la Z-2 e la Prototype eXploration Suit. Ognuno di questi prototipi risponde a diversi bisogni e sarà utile per completare diversi task durante la missione. Una delle sfide sarà quella della sabbia: il suolo rosso marziano potrebbe danneggiare sistemi all’interno di un veicolo spaziale. Per contrastare questo fenomeno, i disegni della nuova tuta spaziale prevedono un suitport sul retro, così gli astronauti possono salire rapidamente all’interno di un veicolo spaziale, lasciando la tuta fuori, mantenendo così l’ambiente pulito e incontaminato.
La NASA sta lavorando a un veicolo che sarà in grado di muoversi su Marte: il Multi-Mission Space Exploration Vehicle (MMSEV). CreditI: NASA
6) I ROVER – Su Marte ci sono già diversi robot su ruote che stanno studiando da anni la superficie, il sottosuolo, l’aria del pianeta. Insomma Marte a 360° (tre orbiter ESA e NASA Mars Odyssey, Mars Express e il Mars Reconnaissance Orbiter; la coppia di rover di superficie ancora attivi Curiosity e Opportunity; e poi le sonde Maven e Mom; non dimentchiamo InSight che partirà nel 2016). Gli umani su Marte, però, avranno bisogno di un mezzo di trasporto ed ecco che rover robusti e versatili tornano utili. Nel film, Matt Damon usa diverse volte il suo rover e si vede costretto ad attrezzare il veicolo con alcune modifiche poco ortodosse per aiutarlo a sopravvivere.
Sulla Terra la NASA sta lavorando al Multi-Mission Space Exploration Vehicle (MMSEV), la cui tecnologia sarà versatile tanto da sostenere missioni verso un asteroide, Marte, le sue lune e altre missioni in futuro. MMSEV permetterà la rapida entrata/uscita dal veicolo e assicurerà la protezione dalle radiazioni. Alcune versioni del veicolo hanno sei ruote con sistema di manovrabilità.
7) PROPULSIONE A IONI – Nel film, l’equipaggio viaggia per mesi a bordo della nave spaziale Hermes diretta verso il Pianeta rosso: per attraversare una distanza di 280 milioni di miglia è necessaria la propulsione ionica. In un motore a propulsione ionica, le particelle cariche (ioni) e vengono accelerate da un campo elettrico per poi essereincanalate nello spazio attraverso un ugello. Sfruttando il principio di azione e reazione la navicella riceve una piccola spinta in direzione opposta. Così la navicella può raggiungere velocità fenomenali. La propulsione a ioni permette alla sonda di cambiare la sua orbita più volte.
8) PANNELLI SOLARI – Non ci sono stazioni di rifornimento su Marte, neanche centrali elettriche. Praticamente è un pianeta senza vento. Come ottenere l’energia necessaria per far funzionare tutta questa tecnologia? Quando si tratta di missioni umane verso il Pianeta rosso, l’energia solare può essere una valida soluzione. La sonda Hermes nel libro utilizza pannelli solari e Mark Watney li usa in un modo non convenzionale.
Sulla Stazione Spaziale Internazionale, quattro serie di pannelli solari producono da 84 a 120 kilowatt di energia elettrica , abbastanza per alimentare più di 40 case. La stazione non ha bisogno di tutto quell’energia e l’eccedenza viene conservata nel caso si verifichino guasti.
9) RTG – Per più di 40 anni, la NASA ha utilizzato in modo sicuro i Radioisotope Thermoelectric Generators(RTGs) per fornire energia elettrica a due dozzine di missioni spaziali, comprese le missioni Apollo sulla Luna. I veicoli spaziali come il rover Curiosity su Marte e il prossimo rover Mars 2020 utilizzano una versione aggiornata, il modello di nuova generazione per l’alimentazione elettrica. I generatori RTG dobbiamo immaginarli come delle pile elettriche spaziali che convertono il calore dal decadimento radioattivo del plutonio-238 in energia elettrica affidabile. La RTG su Curiosity genera circa 110 Watt di potenza. Nel film, l’equipaggio utilizza questo tipo di RTG per il generatore di ossigeno posto a una distanza di sicurezza dell’Hab in caso di perdite radioattive.
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