I fenomeni che avvengono nel mondo dell’infinitamente piccolo sono alquanto bizzarri: anche una semplice misura di posizione può rivelarsi assai complicata. Nella nostra esperienza quotidiana è abbastanza facile capire se un oggetto sia immobile o meno: per farlo basta infatti misurare la sua posizione rispetto ad un punto di riferimento, magari più volte nel corso del tempo. Ma tutto cambia se volessimo ripetere la stessa misura per i singoli atomi che compongono quell’oggetto. A quel livello di risoluzione li “vedremmo” infatti oscillare in maniera frenetica in una zona piccola ma tutt’altro che puntiforme, non riuscendo così, istante per istante, a determinare con precisione la loro posizione. Il fenomeno può essere minimizzato abbassando la temperatura del sistema da misurare, ma anche arrivando alla soglia ultima dello zero assoluto, noteremmo comunque un tremore residuo, ineliminabile. Ora, per la prima volta, un gruppo di ricercatori del Caltech e loro collaboratori hanno annunciato in un articolo, recentemente apparso sulla rivista Science, di aver trovato un metodo per osservare e controllare questo moto quantistico in un oggetto piccolo ma sufficientemente esteso da essere osservato direttamente.
«Nell’ultimo paio d’anni il mio e altri due gruppi di ricercatori nel mondo hanno imparato a ‘congelare’ il moto di oggetti in scala micrometrica per arrivare al loro livello di minima energia, o come diciamo noi fisici, al ‘livello quantico fondamentale’» dice Keith Schwab, professore di fisica applicata presso il Caltech, che ha guidato lo studio. «Sappiamo comunque che anche nello stato fondamentale, allo zero assoluto, continuano a manifestarsi piccole fluttuazioni, una sorta di rumore».
Un effetto – lo si sapeva già – ineliminabile ma che Schwab e il suo gruppo hanno misurato grazie a un dispositivo da loro stessi progettato. «Questa energia residua è parte della descrizione quantistica della Natura, non possiamo eliminarla – prosegue il ricercatore. Sappiamo bene che la meccanica quantistica spiega perché gli elettroni si comportino in maniera così bizzarra. Qui però, stiamo applicando i principi di questa fisica a qualcosa di relativamente grande, un oggetto che si può osservare con un microscopio, e misurare effetti quantistici su migliaia di miliardi di atomi invece che uno solo».
Effetti, secondo i ricercatori, che possono addirittura essere ridotti artificilmente. Il team di scienziati ha infatti sviluppato una tecnica che manipola il rumore quantistico, riuscendo a ridurlo periodicamente. «Ci sono due variabili fondamentali che descrivono questi movimenti» spiega Schwab. «Abbiamo dimostrato che siamo in grado di diminuire l’ampiezza delle fluttuazioni di una di queste due variabili, seppur con la conseguenza di aumentare quella delle oscillazioni associate alla seconda variabile. Abbiamo cioè realizzato quello che in gergo prende il nome di stato quantico spremuto (squeezed)». Il vantaggio che si ottiene da questo processo è che la misura fatta in zona lontana da quella dove è stato ‘accumulato’ artificialmente il rumore quantico sarà più precisa. In concreto, la capacità di controllare il rumore quantistico potrebbe essere applicata per aumentare la sensibilità degli strumenti destinati alla ricerca delle onde gravitazionali. «Per raggiungere qusto traguardo stiamo lavorando sodo: vogliamo applicare le nostre tecniche a oggetti con peso dell’ordine del grammo» aggiunge Schwab. «Il nostro obiettivo è quello di riuscire a osservare gli effetti quantistici a scale sempre maggiori e, un giorno, riuscire finalmente a imbatterci nell’individuazione di queste onde gravitazionali».
Per saperne di più:
- l’articolo Quantum squeezing of motion in a mechanical resonator di E. E. Wollam et al., pubblicato sulla rivista Science