E se qualcosa va storto? Quando si tratta di volo umano nello spazio la domanda è d’obbligo. Perché la risposta prevede quasi sempre conseguenze drammatiche per gli astronauti coinvolti. È successo agli inizi con la Soyuz, l’astrotaxi che collega la Terra alla Stazione Spaziale Internazionale. È successo ripetutamente con lo Shuttle, poi costretto al pensionamento perché davvero troppo rischioso (vedi MediaINAF). E potrebbe succedere ancora. Gli astronauti conoscono il rischio dell’avventura che intraprendono, ma evitare ogni complicazione possibile è un dovere per chi da Terra progetta la missione.
Per questo motivo, quando si prepara una missione spaziale è bene immaginare ogni possibile avaria. Capire come intervenire, cosa può funzionare con qualche rattoppo e cosa invece va ripensato daccapo ci aiuta a prevedere gli errori e correggerli.
Come se la caverebbe, dunque, la capsula Orion Deep Space della NASA – che gli americani giurano scorterà gli astronauti statunitensi in una futura spedizione su Marte – se in fase di atterraggio perdesse uno dei tre paracadute di cui è dotata? Riuscirebbe a garantire un atterraggio sicuro o metterebbe in pericolo missione e astronauti?
Se la caverebbe. E piuttosto bene, a vedere dal test appena effettuato da Lockheed Martin, prime contractor NASA, e durante il quale è stata inscenata di proposito un’avaria del mezzo lanciato nel cielo dell’Arizona, danneggiando uno dei tre paracadute principali.
Si lavora alacremente, dunque, dopo il primo volo di Orion lo scorso dicembre e nonostante gli infiniti ritardi accumulati in fase di realizzazione cui si aggiungono le tante difficoltà incontrate da Space Launch System, che a Orion dovrebbe servire da vettore. Mal comune…
Come si inscena un guasto? È presto detto. Un paracadute può non aprirsi per un malfunzionamento meccanico o per la formazione di sacche d’aria legate alla grande velocità prevista in fase di rientro. Per questo la capsula è normalmente equipaggiata di più sistemi di paracadute (tre scivoli principali più due ausiliari). «Testare i paracadute di Orion creando artificialmente delle avarie ci aiuta a verificare la tenuta del sistema», spiega C.J. Johnson, ingegnere del progetto Orion.
Le performance di un paracadute sono difficili da modellizzare a computer e una prova sul campo è quanto di meglio si può desiderare per verificare il comportamento del sistema. Qui di seguito il video del test con avaria:
Durante la fase di rientro, Orion impatta l’atmosfera alla folle velocità di oltre 38.000 chilometri orari. Durante il tempo di attraversamento del nostro cielo, la capsula rallenta, per attrito, a una velocità di quasi 500 chilometri orari. I paracadute devono rallentare ulteriormente la capsula perché impatti al suolo a una velocità di 30 chilometri orari.
Non siamo che all’inizio. Da qui al 2016 sono ancora molti gli appuntamenti con le “avarie da laboratorio” NASA. Certo Orion ha cominciato bene, e lascia ben sperare. Il primo test di volo con Space Launch System dovrà essere fatto entro la fine del 2018.