La foto che vedete risale al 2009 e non è una banale immagine di Saturno, bensì ritrae il primo equinozio osservato da vicino da una sonda terrestre che orbita attorno al sesto pianeta del Sistema solare, la sonda Cassini. Gli equinozi su Saturno si verificano due volte l’anno, come sulla Terra, solo che l’anno di questo pianeta dura 29 volte quello terrestre, e lo spettacolo è senza pari: il Sole illumina gli enormi dischi che rendono speciale questo pianeta. E proprio nel 2009 la sonda Cassini (lanciata lanciata nel 1997 ed entrata in orbita attorno a Saturno il primo luglio 2004) ha avuto l’opportunità di osservare questo fenomeno e i piccoli cambiamenti negli anelli che vengono rivelati solo con la luce del Sole.
In un recente studio pubblicato su Icarus, il team alla guida di Cassini ha riportato che grazie ai dati raccolti sei anni fa è stato possibile osservare una particolarità: uno dei anelli ha subito un insolito e leggero innalzamento di temperatura, in ogni caso più elevato del previsto, e questo fenomeno ha fornito una finestra unica per osservare la struttura interna di particelle normalmente nascoste agli “occhi” della sonda. Come la Terra, anche Saturno risulta essere un po’ inclinato sul suo asse e nel corso della sua orbita attorno al Sole, i raggi si muovono da nord a sud attraversando il pianeta e gli anelli per poi tornare indietro. Ovviamente, proprio come sul nostro pianeta, i raggi solari portano a un aumento della temperatura (in ogni caso Saturno rimane un pianeta molto molto freddo!) soprattutto sugli anelli – che sono costituiti da trilioni e trilioni di particelle ghiacciate. Anche durante l’equinozio del 2009, che durò solo pochi giorni, sono apparse sugli anelli ombre e strutture ondulate insolite che portano – di solito – anche a un “raffreddamento” degli stessi, ma una parte delle particelle non si è raffreddata.
«Non sappiamo molto su come siano fatte le particelle degli anelli di Saturno oltre il millimetro di profondità sotto la superficie. Ma il fatto che una parte degli anelli non ha freddo come previsto ci ha permesso di creare un modello su come potrebbe essere come il loro interno», ha detto Ryuji Morishima del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che ha condotto lo studio. I ricercatori hanno esaminato i dati raccolti dal Composite Infrared Spectrometer di Cassini: lo strumento ha misurato essenzialmente la temperatura degli anelli in fase di raffreddamento. Gli scienziati hanno poi confrontato i dati sulla temperatura con modelli informatici che tentano di descrivere le proprietà delle particelle.
Il mistero per gli esperti è proprio quel lieve innalzamento di temperatura, perché i modelli di solito prevedono un raffreddamento degli anelli durante l’oscurità. Un’estesa sezione all’esterno del più largo degli anelli (Anello A) è risultata essere più calda, con un picco soprattutto al centro. Morishima e colleghi hanno eseguito una ricerca dettagliata su come le particelle degli anelli con diverse strutture verrebbero riscaldate e raffreddate durante le stagioni di Saturno. Precedenti studi basati sempre su dati raccolti da Cassini hanno mostrato che le particelle ghiacciate sono soffici all’esterno, proprio come neve fresca. Questo materiale esterno si chiama regolite ed è venuto a formarsi nel corso del tempo a causa di piccoli urti che hanno a mano a mano polverizzato la superficie di ciascuna particella. Dalle analisi è risultato che l’Anello A è composto in gran parte da particelle di circa 1 metro di ghiaccio solido e con solo un sottile strato superficiale di regolite. «Un’alta concentrazione di pezzi di ghiaccio solido in questa regione degli anelli di Saturno non ce l’aspettavamo», ha detto Morishimo. «Le particelle degli anelli di solito si allargano e si distribuiscono nel corso di 100 milioni di anni».
L’accumulo di particelle più dense in un’ unica zona ha suggerito agli esperti che un qualche fenomeno particolare del passato geologico abbia portato proprio lì queste particelle o che in qualche modo queste particelle così dense siano confinate solo lì. I ricercatori hanno pensato a due possibilità. È probabile che in questa zona, vicino all’Anello A, ci sia stata una luna negli ultimi cento milioni di anni o giù di lì e sia stata distrutta forse da un gigantesco impatto. Se così, detriti provenienti dalla rottura non avrebbero avuto il tempo di diffondersi uniformemente rimanendo quindi confinati in un’unica zona. In alternativa, il team credo che detriti e macerie possano migrare all’interno degli stessi anelli posizionandosi in determinate aree per poi rimanervi confinati.
«È un risultato affascinante perché ci suggerisce che il centro dell’Anello A di Saturno potrebbe essere molto più giovane rispetto al resto degli anelli», ha affermato Linda Spilker, project scientist di Cassini presso il JPL e co-autrice dello studio. «Altre zone degli anelli potrebbero avere la stessa età di Saturno». Risultati più precisi arriveranno durante le prossime orbite di Cassini, che saranno sempre più vicine alla superficie del pianeta.
Per saperne di più:
Leggi QUI l’articolo: “Incomplete cooling down of Saturn’s A ring at solar equinox: Implication for seasonal thermal inertia and internal structure of ring particles”, di Ryuji Morishima et al.