La Terra, i pianeti, le stelle e le galassie formano solamente una porzione della materia visibile presente nell’Universo. Tutto il resto è costituito da una sostanza enigmatica ed invisibile a cui gli astronomi hanno attribuito il termine materia oscura. Gli scienziati stanno tentando di dare la caccia a particelle esotiche di materia oscura attraverso numerosi esperimenti, ma finora senza risultati. Oggi, però, grazie all’esperimento CRESST (Cryogenic Rare Event Search with Superconducting Thermometers) il raggio di ricerca si sta allargando in maniera considerevole. I rivelatori di CRESST sono stati concepiti per essere in grado di rivelare particelle la cui massa si trova al di sotto dell’attuale intervallo di misure. Conseguenza di ciò è che la probabilità di trovare tracce di materia oscura aumenta sensibilmente. I risultati di questo studio sono riportati su The European Physical Journal (EPJ) C.
I modelli teorici e le osservazioni astrofisiche difficilmente lasciano dei dubbi sull’esistenza della materia oscura: sappiamo che essa rappresenta circa un quarto del contenuto materia-energia dell’Universo. “Finora, si è pensato che la particella maggiormente candidata fosse ‘pesante’, la cosiddetta WIMP”, spiega Federica Petricca del Max Planck Institute for Physics e portavoce dell’esperimento CRESST. “Perciò quasi tutti gli esperimenti più recenti si sono focalizzati nell’esplorare un intervallo di massa compreso tra 10 e 1000 GeV/c2”.
L’attuale limite inferiore di 10 GeV/c2 (GeV: gigaelectronvolt; c: velocità della luce) corrisponde approssimativamente alla massa dell’atomo di carbonio. Ad ogni modo, alcuni modelli recenti sono stati sviluppati per risolvere possibilmente una serie di problematiche rimaste irrisolte, come ad esempio la differenza tra il profilo osservato e quello simulato relativo alla distribuzione di materia oscura nelle galassie. Molti di questi modelli suggeriscono che la massa delle particelle di materia oscura si trovi al di sotto del valore previsto per le WIMP.
La parte centrale di tutti i rivelatori CRESST è un cristallo di tungstato di calcio. Quando una particella colpisce uno dei tre atomi di cristallo (calcio, tungsteno e ossigeno), i rivelatori misurano simultaneamente l’energia e la luce che emergono dalla collisione, fornendo quell’informazione sulla natura della particella da monitorare. Per determinare il valore più basso della temperatura e i più deboli segnali luminosi, i moduli del rivelatore vengono raffreddati intorno allo zero assoluto (-273,15 gradi C). Per eliminare poi altri eventi di fondo, che possono essere fonte di rumore, i fisici utilizzano materiali che esibiscono la minima radioattività naturale. In più, l’esperimento si trova nel più grande laboratorio sotterraneo del mondo, il Gran Sasso, in Italia (Laboratori Nazionali del Gran Sasso, LNGS), perciò è estremamente schermato dai raggi cosmici.
Ora, l’esperimento CRESST ha fatto un passo importante verso la possibilità di individuare queste potenziali particelle della categoria dei “pesi piuma”. In un esperimento a lungo termine realizzato con un rivelatore, i ricercatori hanno raggiunto la soglia di energia di 307 eV. «Grazie a questo risultato, il rivelatore è stato disposto per realizzare delle misure tra 0,5 e 4 GeV/c2, migliorando la sua sensibilità di un fattore 100», dice Jean-Côme Lanfranchi, che fa parte del Chair for Experimental and Astroparticle Physics presso la Technical University of Munich. «Oggi possiamo rivelare particelle che sono notevolmente più leggere delle WIMP”, aggiunge Petricca, “come ad esempio particelle di materia oscura con una massa confrontabile con quella dei protoni che è di 0.94 GeV/c2».
Sulla base di questi ultimi risultati, il passo successivo sarà ora quello di implementare l’esperimento con nuovi rivelatori. L’inizio del prossimo ciclo di misure che saranno realizzate da CRESST è previsto entro la fine di quest’anno e durerà per almeno uno o due anni.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint su arXiv: Results on light dark matter particles with a low-threshold CRESST-II detector