Metafore e similitudini abbondano spesso, quando si parla di meccanica quantistica. Ma questa volta si sfiora il record. Per descrivere uno studio in uscita su Physical Review A, il relativo comunicato stampa della University of Miami – dove insegna il professor Neil Johnson, uno dei quattro autori (gli altri tre lavorano alla Universidad de los Andes, a Bogotà, in Colombia) – fa ricorso a grumi di porridge, ai bitcoin, a una non meglio definita salsa magica e, sin dal titolo, alla fiaba di Riccioli d’oro.
Come la protagonista della fiaba voleva il latte né troppo caldo né troppo freddo, e il letto né troppo duro né troppo morbido, così il mondo dei quanti vuole che le transizioni di fase quantistica, per essere soddisfacenti, avvengano né troppo in fretta né troppo lentamente. O meglio: è alle velocità intermedie che, secondo il modello messo a punto dagli autori, la generazione di entanglement quantistico in sistemi luce-materia dà origine alle strutture più ricche e complesse. Strutture che appaiono come “difetti” – i grumi del porridge che bolle, appunto – in uno spazio altrimenti vuoto e uniforme.
«Se si attraversa la transizione alla velocità giusta (se si cucina alla velocità giusta), le strutture (i grumi) che compaiono sono molto più complesse (più “gustose”) di quanto non siano attraversandola rapidamente o lentamente», dice Johnson ricorrendo – sue le parentesi – alla metafora culinaria. «E poiché quella che viene attraversata è una transizione di fase quantistica, le strutture che appaiono contengono grumi d’entanglement quantistico».
Per quanto quello descritto possa sembrare uno scenario puramente speculativo, ciò che Johnson e colleghi descrivono potrebbe avere a che fare, se gli attuali modelli inflazionari hanno qualche fondamento, con quello che è accaduto al momento del Big Bang – per esempio, con la transizione di fase dal brodo primordiale di quark e gluoni liberi ai primi nuclei atomici.
«I nostri risultati suggeriscono che l’universo sia stato “cotto” esattamente alla velocità giusta», spiega Johnson rimanendo ancorato alla sua metafora, sottolineando però come il loro modello sia – almeno in linea di principio – verificabile sperimentalmente, il laboratorio. E come non manchino le potenziali applicazioni nella vita di tutti i giorni: dai computer quantistici “ultraveloci” del futuro, alla crittografia (sempre quantistica, sempre ultra, ovviamente – in questo caso, “ultrasicura”), fino al “teletrasporto dell’informazione”.
«L’entanglement quantistico è come il bitcoin che finanzia l’universo in termini d’interazioni e informazione. È la salsa magica», rincara poi la dose Johnson, «che collega insieme tutti gli oggetti dell’universo, compresa la luce e la materia». Niente meno. Certo è che gli aggettivi sembrano contare parecchio, in questo studio, almeno a giudicare dall’opera di limatura del titolo del paper: in origine il “dynamic light-matter entanglement from driving neither too fast nor too slow” descritto dagli autori era “giant” (su arXiv), per poi diventare “large” su Physical Review A, e infine “enhanced” nella press release. Del resto, anche gli articoli scientifici hanno le loro transizioni di fase da attraversare.
Per saperne di più:
- Leggi su arXiv l’articolo “Giant dynamic light-matter entanglement from driving neither too fast nor too slow“, di O. L. Acevedo, L. Quiroga, F. J. RodrÍguez e N. F. Johnson
- Leggi su Physical Review A l’abstract dell’articolo “Large dynamic light-matter entanglement from driving neither too fast nor too slow“, di O. L. Acevedo, L. Quiroga, F. J. RodrÍguez e N. F. Johnson