SIMULAZIONI DI IMPATTI AD ALTA VELOCITA’

Ciò che accade su Cerere resta su Cerere

Cerere, il pianeta nano più vicino alla Terra, è famoso per la sua superficie piuttosto liscia. Un recente studio suggerisce che la maggior parte del materiale che ha colpito Cerere con collisioni ad alta velocità sia rimasto sul pianetino. Il commento di Maria Cristina De Sanctis dell’INAF-IAPS

     15/10/2015

Una serie di esperimenti recenti su impatti ad alta velocità suggerisce che il pianeta nano Cerere potrebbe essere una specie di tirassegno cosmico: qualunque oggetto lo colpisca, tende a rimanere sulla sua superficie.

Gli esperimenti sono stati eseguiti utilizzando il Vertical Gun Range presso l’Ames Research Center della NASA e indicano chiaramente che quando un piccolo corpo impatta su una superficie simile a quella di Cerere, gran parte del materiale rimane sulla superficie invece di rimbalzare nello spazio. I risultati suggeriscono quindi che Cerere potrebbe essere composto da un miscuglio di materiale meteoritico raccolto nel corso di miliardi di anni. La ricerca, condotta da Terik Daly e Peter Schultz della Brown University, è stata pubblicata sulla rivista Geophysical Research Letters.

Cerere è il corpo più grande nella fascia degli asteroidi, nonché il pianeta nano più vicino alla Terra. Fino al recente inserimento nella sua orbita della sonda Dawn, tutte le informazioni che avevamo di questo intrigante oggetto provenivano da osservazioni effettuate con telescopi terrestri o satellitari. I dati raccolti mostravano una densità molto più bassa delle previsioni, che implicavano o una prevalenza di materiale silicato molto poroso, o la presenza di un esteso strato di acqua ghiacciata.

«La sua superficie è davvero molto liscia, stando alle immagini raccolte con i telescopi», ha spiegato Daly, dottorando della Brown e autore principale dell’articolo. «È come se qualcuno avesse preso una bomboletta di vernice spray e l’avesse usata dappertutto. Quando ci interroghiamo su ciò che potrebbe aver causato l’omogeneità della superficie, la prima risposta che ci viene in mente sono gli impatti».

Per comprendere meglio i processi di impatto, i ricercatori si sono rivolti al Vertical Gun Range della NASA, un cannone lungo circa 4 metri che può lanciare proiettili oltre i 25.000 km orari. Per questo studio, Daly e Schultz hanno simulato impatti su superfici a bassa densità che imitassero le due possibili composizioni di Cerere: silicato poroso o ghiaccio. «L’idea era quella di testare quei due casi perché davvero non siamo ancora in grado di dire come sia fatto Cerere», ha detto Daly.

Gli esperimenti effettuati utilizzando un cannone alta velocità suggeriscono che quando piccoli corpi come asteroidi o frammenti di roccia ne colpiscono altri formati da silicati porosi o ghiacci gran parte del materiale impattato rimane sul corpo colpito. I risultati hanno forti implicazioni sulla composizione superficiale del pianeta nano Cerere. Crediti: NASA Ames Research Center

Gli esperimenti effettuati utilizzando un cannone alta velocità suggeriscono che quando piccoli corpi come asteroidi o frammenti di roccia ne colpiscono altri formati da silicati porosi o ghiacci gran parte del materiale impattato rimane sul corpo colpito. I risultati hanno forti implicazioni sulla composizione superficiale del pianeta nano Cerere. Crediti: NASA Ames Research Center

Per simulare il silicato poroso i ricercatori hanno utilizzato una polvere di pomice. Per il ghiaccio hanno usato due bersagli: uno composto esclusivamente da neve, e l’altro con neve ricoperta da uno strato di silicati. Hanno poi colpito questi bersagli con frammenti di basalto e alluminio, simulando sia meteoriti rocciosi che metallici.

Lo studio ha dimostrato che, in tutti i casi, gran parte del materiale impattato rimaneva all’interno e intorno al cratere. E questo era particolarmente vero nel caso della superficie ghiacciata, ha sottolineato Daly. «Abbiamo osservato che quando si ha un impatto verticale sulla neve (una buona approssimazione del ghiaccio poroso che ci aspettiamo di trovare appena sotto la superficie di Cerere) circa il 77% della massa in caduta rimane in prossimità del cratere».

I risultati sono abbastanza sorprendenti, ha detto Schultz, che ha studiato per molti anni i processi di impatto, essendo professore di Scienze Terrestri, Ambientali e Planetarie presso la Brown. «Questa scoperta è in forte contrasto con le stime precedenti», ha spiegato. «Pensavamo che venisse espulso più materiale di quanto ne veniva raccolto, ma i dati mostrano che si può davvero rifornire un corpo celeste di grandi quantità di materiale».

Le velocità di impatto simulate negli esperimenti erano simili a quelle che si pensa abbiano luogo nella fascia degli asteroidi. I dati suggeriscono che la maggior parte degli impatti sui corpi porosi comportano un accumulo di materiale sulla superficie. «Qualcuno ha pensato che considerando impatti particolarmente lenti fosse possibile trasferire queste enormi quantità di materiale», ha detto Schultz. «Ma quello che stiamo vedendo è che anche per un impatto tipico, alla velocità media degli oggetti interessati, riusciamo a trasferire tonnellate di materiale».

Dopo miliardi di anni di impatti di questo tipo Cerere potrebbe aver accumulato un bel po’ di materia, mescolando tutto insieme e creando la superficie estremamente peculiare osservata dai telescopi. I ricercatori sperano che i dati ad altissima risoluzione raccolti dalla sonda Dawn permetteranno di individuare le zone della superficie in cui è presente questo materiale “estraneo”.

La scoperta ha implicazioni importanti per le missioni che hanno come obiettivo la raccolta e il rientro a Terra di materiale asteroidale. Se i luoghi di atterraggio non verranno scelti con cura, queste missioni potrebbero raccogliere campioni non rappresentativi del materiale originale dell’oggetto. Una soluzione potrebbe essere cercare una zona in cui vi sia stato un impatto relativamente recente.

«Le misure effettuate dallo strumento VIR (Visible and Infrared Spectrometer) ci permetteranno di capire se e quanto materiale esogeno sia presente sulla superficie di Cerere», ha commentato Maria Cristina De Sanctis dell’INAF – Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali, PI dello strumento a bordo della sonda Dawn. «Al  momento stiamo elaborando i dati, ma la composizione media di Cerere, anche dedotta dai dati da Terra, è così inconsueta che risulta difficile pensare a grandi quantità di materiale esogeno sulla sua superficie».