Dopo le foto, le cifre. Dopo il fascino, la scienza. I risultati preliminari dell’analisi dei circa 50 gigabit di dati raccolti dalla sonda NASA New Horizons durante la fase di maggior avvicinamento a Plutone – il flyby del 14 luglio scorso, a 13.691 km dal centro del pianeta – sono stati pubblicati oggi su Science. E confermano con i numeri quello che le immagini già avevano lasciato intuire: nano o nono che sia, Plutone è un pianeta sorprendentemente vario e colorato, e le sue lune non sono da meno.
A sorprendere il team di scienziati che ha firmato il lavoro – guidato da Alan Stern, responsabile della missione – è anzitutto la geodiversità del suolo. Una varietà che riguarda sia aspetti morfologici che cromatici. Anzitutto, l’analisi della variabilità dei crateri suggerisce che Plutone sia stato geologicamente attivo nell’arco delle ultime centinaia di milioni di anni, e che probabilmente lo sia tutt’ora. Quanto alla variabilità cromatica, è stata messa in luce grazie alle immagini raccolte con la camera di bordo MVIC (Multi-spectral Visible Imaging Camera), che ha rivelato la vasta gamma di colori presente sulla superficie di Plutone – dalle regioni rossastre e più scure della fascia equatoriale alle brillanti tonalità bluastre che si riscontrano salendo verso i poli. Schema, questo, spezzato dall’oramai celebre macchia a forma di cuore, anch’essa caratterizzata dal contrasto cromatico fra il lobo orientale e quello occidentale.
Quali sostanze si manifestino attraverso la tavolozza di Plutone è la domanda alla quale ha provato a dare risposta lo spettrometro infrarosso LEISA (Linear Etalon Imaging Spectral Array). I dati raccolti suggeriscono la presenza di più varietà di ghiacci volatili, e in particolare, nella regione occidentale della macchia a forma di cuore, di metano e monossido di carbonio. Ghiacci invece pressoché assenti nelle regioni equatoriali caratterizzate da una colorazione rossastra, dovuta probabilmente a composti organici chiamati toline – prodotti dall’irraggiamento di miscele di metano, azoto e monossido di carbonio da parte della luce ultravioletta proveniente dal Sole. Senza contare il ruolo giocato dal normale ghiaccio d’acqua. «Il ghiaccio d’acqua», osserva infatti una delle coautrici dell’articolo, l’italiana Silvia Protopapa, astronoma all’università del Maryland, «è un nuovo elemento che dobbiamo prendere in considerazione se vogliamo provare a ricostruire la complessa composizione della superficie di Plutone».
Ghiaccio in superficie anche per almeno due delle cinque lune di Plutone, Nix e Idra, alle quali New Horizons ha preso le misure al chilometro: 54 × 41 × 36 la prima e 43 x 33 la seconda, riporta Science. E a proposito di unicità, pare che Nix e Idra abbiano un moto di rotazione senza pari fra gli altri satelliti naturali del Sistema solare. «I dati raccolti da New Horizons sembrano indicare che Nix e Idra ruotano su sé stesse molto rapidamente e in modo anomalo: potrebbero essere le uniche lune autentiche – ovvero, satelliti in prossimità del proprio pianeta – che non puntano sempre la stessa faccia verso il corpo attorno al quale orbitano», spiega Douglas Hamilton, anch’egli dell’università del Maryland e coautore dello studio. Quanto al numero di lune – cinque, appunto – il flyby di New Horizons ha messo la parola fine: non ce ne sono altre, perlomeno non di diametro superiore al chilometro e mezzo.
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “The Pluto system: Initial results from its exploration by New Horizons“, di S. A. Stern et al.