Un sistema planetario, all’origine, è un’immensa trottola di gas e polvere con una baby stella al centro. Era così anche il nostro Sistema solare, qualche miliardo d’anni fa. Una parte di polvere ogni cento parti di gas, suggeriscono le stime. Per una quantità complessiva di materia – calcolano gli astronomi mettendo sulla bilancia i pianeti rocciosi attuali – pari a circa 20 volte la massa attuale di Giove: un valore di partenza, detto “massa minima della nebulosa solare” (MMSN, dall’inglese minimum mass solar nebula), destinato a ridursi progressivamente mano a mano che la materia si aggregava dando origine ai pianeti.
Ebbene, quante nuove stelle possono vantare un disco protoplanetario di tale stazza? Assai poche, dice uno studio appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: nemmeno una su cento. E la massa media stimata è alquanto ridotta: in totale, metà della massa di Giove. Questo, perlomeno, già dopo pochi milioni di anni d’età – ovvero quando la stella è ancora giovanissima ma l’eventuale sistema planetario ha già preso parzialmente forma.
Per giungere a queste conclusioni, il team di ricercatori guidato dall’astronomo cileno Lucas Cieza ha puntato lo specchio del telescopio hawaiano James Clerk Maxwell verso la nube molecolare di Perseo, mettendo a fuoco in particolare l’ammasso IC348, una sorta di culla stellare di recente formazione – appena due o tre milioni di anni. In un circoletto di diametro pari a circa mezzo grado, lo strumento SCUBA-2, sensibile a onde submillimetriche di frequenza pari a 344 GHz, ha consentito l’identificazione di circa 370 stelle. Per 13 di queste è stata rilevata la presenza d’altrettanti dischi protoplanetari, con masse variabili tra 1.5 e 16 masse di Giove – dunque tutti al di sotto della soglia della minimum mass.
È proprio partendo da questa misura, e tenendo conto della presenza di dischi protoplanetari ancora meno massicci e dunque sfuggiti al “censimento”, che gli astronomi sono giunti a ipotizzare che le stelle di giovane età con disco protoplanetario superiore alla massa minima siano, appunto, meno di una su cento. Se la maggior parte dei dischi ha, in origine, una massa pari a quella minima solare, concludono dunque gli autori dello studio, affinché dopo appena pochi milioni di anni questo valore subisca un tale crollo la loro evoluzione deve avvenire a ritmo assai rapido.
Per saperne di più:
- Leggi su MNRAS l’articolo “A SCUBA-2 850-µm survey of protoplanetary discs in the IC 348 cluster”, di L. Cieza, J. Williams, E. Kourkchi, S. Andrews, S. Casassus, S. Graves e M. R. Schreiber