La materia oscura è definita come quella componente materiale dell’Universo non rilevabile attraverso indagini elettromagnetiche, ma esclusivamente attraverso i suoi effetti gravitazionali su ciò che la circonda. Stando alle stime più accreditate, costituisce circa il 25% dell’energia totale dell’Universo, e quasi il 90% della materia che conosciamo. Alcuni ritengono che la materia oscura sia costituita da particelle massicce e debolmente interagenti, ma nessuno finora è stato mai in grado di osservarle direttamente.
Le misure di antimateria nello spazio sono guardate con grande interesse da fisici e astrofisici, poiché potrebbero fornire indicazioni preziose circa una serie di nuovi fenomeni fisici, tra cui la prova indiretta delle particelle che compongono la materia oscura. Una possibile tecnica di indagine consiste nel cercare “eccessi” di antimateria nello spazio, cioè andando a guardare quella piccola frazione di antiprotoni e positroni presenti nei raggi cosmici. Un eccesso di positroni e di antiprotoni si può infatti interpretare come prodotto delle annichilazioni tra quelle particelle di materia misteriosa che compone gran parte dell’Universo e, quindi, come un’evidenza indiretta dell’esistenza di un alone galattico di materia oscura. Inoltre, una prova simile potrebbe confermare l’ipotesi che la materia oscura sia composta da particelle molto massicce e poco interagenti.
L’esperimento Alpha Magnetic Spectrometer (AMS) si trova a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ed è stato progettato allo scopo di effettuare misure di raggi cosmici ad elevata precisione. Inoltre AMS ha la capacità di distinguere particelle e antiparticelle, cioè di effettuare un’identificazione diretta di positroni o antiprotoni. L’anno scorso AMS ha registrato dei segnali “anomali” (ne abbiamo parlato su media inaf qui e qui) che mostrano un chiaro eccesso di antimateria leptonica, cioè di positroni. Più recentemente, un analogo eccesso è stato trovato anche nella componente adronica, ovvero antiprotoni. I risultati preliminari di AMS presentati qualche mese fa al CERN mostrano, per la prima volta, un’inattesa sovrabbondanza di antiprotoni ad energie di centinaia di giga elettronvolt (GeV), e dunque potrebbero rappresentare la prova indiretta che cerchiamo da tempo.
Quando parliamo di eccesso, lo facciamo in riferimento alle previsioni basate sulla fisica a noi nota. Ci aspettiamo infatti che una buona frazione delle antiparticelle presenti nello spazio vengano prodotte dalle collisioni dei raggi cosmici (come protoni e nuclei) con la materia del disco galattico. Attraverso sofisticati calcoli astrofisici, è possibile stimare il livello di antimateria prodotto da queste collisioni, che rappresenta il cosiddetto “fondo astrofisico” per la ricerca di segnali indiretti di materia oscura. Per ottenere una stima di questo fondo occorre comprendere la propagazione dei raggi cosmici nella galassia, ovvero il loro trasporto lungo i campi magnetici turbolenti e le loro interazioni con la materia.
Tuttavia, i dati più recenti sugli spettri dei raggi cosmici presentano anomalie che sollevano nuove domande e mettono in luce l’inadeguatezza degli attuali modelli di propagazione. In poche parole, il cosiddetto “modello standard” di propagazione dei raggi cosmici non descrive in maniera soddisfacente i dati osservativi, e questo mette in dubbio la solidità delle previsioni del fondo astrofisico di antimateria
In uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Physical Review D, Nicola Tomassetti, ricercatore presso il CNRS (Grenoble) e il CERN (Ginevra), ha proposto un nuovo modello per la propagazione dei raggi cosmici nella Via Lattea. La propagazione dei raggi cosmici viene generalmente trattata come un problema di diffusione, ma i modelli tradizionali assumono che la diffusione abbia le stesse proprietà in tutto l’alone Galattico. La principale novità introdotta dal nuovo modello è l’ipotesi che le proprietà diffusive del disco galattico siano differenti rispetto a quelle dell’alone. Da questa ipotesi consegue che, al crescere dell’energia, i raggi cosmici tendano ad addensarsi maggiormente in prossimità del disco galattico. L’esistenza di questo effetto può essere legata ad un differente comportamento della turbolenza magnetica, che è all’origine della propagazione diffusiva dei raggi cosmici.
«L’idea di una propagazione a due zone è un semplice tentativo di generalizzazione dei modelli tradizionali, che si basano sull’assunzione che il coefficiente di diffusione sia separabile in termini di energia e coordinate spaziali», spiega Tomassetti. «Questo nuovo scenario di propagazione comporta una maggiore produzione di antimateria ad alte energie. In particolare, i calcoli prevedono che alle energie del tera-elettronvolt (TeV, le più alte energie misurabili da AMS), gli antiprotoni e i positroni del “fondo astrofisico” siano circa 5 volte più abbondanti rispetto alle previsioni standard».
Questo risultato sembra in grado di spiegare varie tipologie di osservazioni astrofisiche recenti, tra cui gli spettri di protoni e nuclei ad alta energia, che presentano anomalie altrimenti inspiegabili. Dal punto di vista della ricerca di materia oscura, questa nuova stima restringe il perimetro dei modelli di materia oscura ammissibili. Nonostante questo, lo spettro dei positroni misurato da AMS presenta un significativo eccesso che non può essere interamente spiegato, in termini di fondo astrofisico, da nessun modello di propagazione. Il flusso degli antiprotoni è ancora problematico da interpretare: i dati preliminari di AMS sembrano indicare un eccesso rispetto alle previsioni dei modelli tradizionali. Ma questi modelli, come detto, si sono rivelati inadeguati nel descrivere altre tipologie di osservazioni recenti, e sembrerebbero sottostimare il fondo di antiprotoni ad alte energie.
C’è quindi trepidante attesa per i prossimi dati di AMS. Le misure di antimateria ad alta energia potranno sicuramente dirci qualcosa in più. Inoltre AMS sta effettuando tante altre misure di particelle “ordinarie”, tra cui spettri dei nuclei ad alta energia, che ci aiuteranno a comprendere la propagazione dei raggi cosmici, e quindi a migliorare le previsioni del fondo astrofisico e il loro margine di incertezza.
«Va inoltre ricordato che a un secolo dalla scoperta dei raggi cosmici non si è ancora trovata la prova schiacciante della loro origine», aggiunge Tomassetti. «Come mostrato in questo studio, la loro propagazione non è soltanto un mero problema di stima del fondo per la materia oscura, ma rappresenta essa stessa un campo di indagine scientifica fondamentale e intellettualmente stimolante di processi astrofisici ad alta energia della nostra galassia, nel desiderio di dare una risposta definitiva circa la loro origine».
«I dati di alta precisione di AMS sui raggi cosmici – dice Roberto Battiston presidente dell’ASI e senior advisor della collaborazione internazionale – permettono di sfruttare per la prima volta questo tipo di radiazione cosmica per la ricerca di effetti rari che possono essere collegati a nuovi fenomeni fisici. Per raggiungere questa sensibilità è necessario sviluppare modelli aggiornati del fondo di radiazione carica e cercare eventuali deviazioni rispetto agli stessi modelli, esattamente come accade nell’ estrazione delle informazioni di carattere fondamentale contenute nella struttura del CMB, tramite la comprensione e la sottrazione di vari livelli di foreground. Il tipo di analisi presentata in questo lavoro, cerca di spiegare l’eccesso di antimateria (positroni, antiprotoni) osservato da AMS utilizzando le misure di precisione che lo stesso esperimento fornisce relativamente ai flussi di raggi cosmici il cui flusso è abbondante, in particolare concentrandosi sulle caratteristiche spettrali ad alta energia. E’ grazie a questo tipo di studi, correlati da misure sempre più accurate che vengono via via rese disponibili da AMS che sarà possibile stabilire se l’eccesso osservato della componente rara dovuta a diversi tipi di antiparticelle, può essere collegato, senza ambiguità a nuovi effetti fisici. Più è pesante l’antiparticella analizzata, più l’eventuale eccesso di flusso osservato nei raggi cosmici risulta difficile da spiegare tramite processi convenzionali legati alla propagazione dei raggi cosmici. In futuro un test importante che potrà essere fornito da AMS sarà rappresentato dalla misura dell’ abbondanza di antideuterio: si tratterà al più di pochi eventi, che però risulterebbero molto difficili da riconciliare con i modelli attuali sulla propagazione dei raggi cosmici».