DAI DATI DEL SATELLITE SUZAKU

La composizione chimica dello spazio

Osservazioni di ammassi di galassie in banda X hanno permesso di ottenere misure accurate dell’abbondanda degli elementi chimici pesanti che vengono diffusi nello spazio dalle esplosioni stellari. I risultati di questo studio, pubblicato su ApJ Letters, suggeriscono che l’Universo ha in media una composizione chimica simile a quella del nostro ambiente locale

     23/10/2015

Il satellite giapponese Suzaku è stato concepito per realizzare studi osservativi di varie classi di sorgenti X ad alta energia e con una elevata sensibilità. Credit: JAXA

Tutti gli elementi chimici che sono più pesanti del carbonio, come l’ossigeno che respiriamo o il silicio presente nella sabbia, sono stati prodotti nelle stelle attraverso processi di fusione nucleare e poi diffusi nello spazio a seguito delle esplosioni stellari. Studiare, quindi, la composizione chimica dell’Universo permette agli scienziati di ricostruire la storia di come, dove e quando sono stati prodotti i vari elementi così necessari per l’evoluzione della vita. I risultati di questo studio sono riportati su Astrophysical Journal Letters.

In generale, sappiamo che ci sono due modi per cui si ha una supernova e la proporzione degli elementi chimici prodotti dipende dal tipo di esplosione stellare. Gli elementi più leggeri, come l’ossigeno o il magnesio, si origininano principalmente dalle esplosioni di stelle molto massive, più di 10 volte la dimensione del Sole, che si trovano verso gli stadi finali del loro ciclo vitale. Questi oggetti vengono chiamati “supernovae a collasso nucleare”.

Di solito, la fase finale delle stelle più piccole è una nana bianca di cui una parte può esplodere come “supernova termonucleare” o di “tipo Ia” se essa accresce successivamente materia da una stella compagna che rende instabile la nana bianca alla propria gravità. Gli atomi più pesanti, come il ferro e il nichel, derivano sostanzialmente da quest’ultimo tipo di esplosione stellare. Ad esempio, per formare la composizione chimica del nostro sistema planetario bisogna richiedere una miscela di esplosioni stellari con un rapporto 1:5 tra supernovae di tipo Ia e a collasso nucleare, rispettivamente.

La ricercatrice Aurora Simionescu del Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) e autrice principale dello studio si è domandata se la composizione chimica media dell’Universo è simile, o meno, a quella del Sistema Solare o se il nostro ambiente cosmico è invece un luogo davvero speciale. In realtà, e forse in maniera non intuitiva, la miglior risposta a questa domanda non è da cercarsi nelle stelle piuttosto nello spazio intergalattico. Questo perchè la maggior parte della materia ordinaria, e quindi anche gran parte dei metalli, non sono al momento contenuti nelle stelle ma sono presenti in un gas molto caldo e diffuso che permea lo spazio tra le galassie e la sua temperatura è tale che emana luce in banda X. Infatti, i raggi X più energetici si osservano negli ammassi di galassie, cioè quegli ambienti cosmici dove le galassie sono raggruppate vicine tra loro.

“Ho trovato questa idea affascinante sin dal mio primo anno di dottorato di ricerca”, spiega Simionescu. “Passare ai raggi X il contenuto chimico del nostro Universo. Tornando indietro nel tempo, a circa dieci anni fa, era complicato ottenere delle misure attendibili dell’abbondanza dei metalli tranne per le zone più brillanti e più dense del mezzo intergalattico a causa della scarsa presenza di fotoni X e di un elevato rumore di fondo. Perciò potevamo solamente esplorare approssimativamente il contenuto chimico pari a un millesimo del volume occupato tipicamente da un ammasso di galassie”.

L'ammasso di Perseo osservato dal telescopio Chandra. Crediti: NASA/CXC/SAO

L’ammasso di Perseo osservato dal telescopio Chandra. Credit: NASA/CXC/SAO

Per affrontare il problema, il satellite dell’agenzia giapponese JAXA ASTRO E-II “Suzaku” ha dedicato una grande quantità di tempo osservativo a raccogliere dati nel corso di diverse settimane. Le prime osservazioni profonde dedicate a questo studio sono state realizzate sull’ammasso di Perseo, il sistema di galassie più brillante, che ha permesso agli astronomi di ottenere misure alquanto dettagliate dell’abbondanza di ferro presente nello spazio su larga scala all’interno dell’ammasso. Tuttavia, l’informazione relativa agli elementi chimici prodotti principalmente dalle supernovae a collasso nucleare era ancora assente.

Per ottenere queste misure, sono state necessarie una serie di osservazioni di un ammasso di galassie che presenta una temperatura media più bassa, in modo che l’emissione degli elementi più leggeri sia in confronto più forte rispetto all’ammasso di Perseo. Perciò, per circa due settimane il satellite Suzaku venne puntato verso l’ammasso della Vergine, che è il gruppo di galassie più vicino e il secondo più brillante nel cielo X la cui temperatura è favorevolmente bassa. Avendo perciò a disposizione questo nuovo insieme di dati, Simionescu e colleghi sono stati in grado di rivelare non solo il ferro ma per la prima volta anche il magnesio, il silicio e lo zolfo tutti verso le regioni periferiche dell’ammasso di galassie.

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L’ammasso della Vergine. Credit: Rogelio Bernal Andreo/APOD/NASA

“Ciò che abbiamo trovato è che i rapporti tra le abbondanze di ferro, silicio, zolfo e magnesio sono costanti ovunque nell’intero volume dell’ammasso della Vergine e sono consistenti con la composizione chimica del Sole e della maggior parte delle stelle presenti nella nostra galassia”, spiega Norbert Werner della Stanford University e co-autore dell’articolo. Gli ammassi di galassie coprono un grande volume di spazio che il contenuto di una struttura di questo tipo si può considerare rappresentativo di tutto il resto dell’Universo. In altre parole, i risultati di Suzaku significano che gli elementi chimici nello spazio cosmico sono combinati in modo tale che la composizione chimica rimane mediamente la stessa su tutte le scale a partire dal raggio solare (centinaia di migliaia di chilometri) fino alle dimensioni di un ammasso di galassie (diversi milioni di anni luce).

Anche se potrebbero esistere ancora alcuni luoghi speciali nell’Universo caratterizzati da una composizione chimica differente, in media la maggior parte dello spazio cosmico ha una composizione chimica simile a quella del nostro ambiente locale, cioè la stessa “zuppa di elementi” che è necessaria per la vita ovunque si guardi. “Il satellite Suzaku”, conclude Steven Allen della Stanford University e co-autore dello studio, “ha aperto una nuova finestra nell’Universo e ci ha mostrato che ovunque si guardi nello spazio, su vaste scale cosmiche, la miscela di elementi chimici è essenzialmente la stessa. È un risultato semplicemente bello e rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la comprensione di come ha avuto origine il nostro Universo”.


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