Un team internazionale di ricercatori, utilizzando i dati raccolti dalla missione GRAIL della NASA, ha identificato nuovi bacini da impatto sulla Luna, e ha migliorato la nostra conoscenza di quelli già noti. Le loro conclusioni forniscono un quadro più chiaro circa le dimensioni e la distribuzione dei bacini da impatto presenti sulla superficie del nostro satellite naturale.
I bacini da impatto, enormi crateri circolari sulla superficie della Luna, sono stati osservati nei minimi dettagli nel corso degli anni. Eppure quanti siano esattamente, quali siano le loro origini, e le loro dimensioni rimane ancora incerto. La storia dei bacini lunari, infatti, è difficile da studiare nel dettaglio perché viene spesso lavata via da impatti successivi e dal rinnovo della superficie dovuto all’attività vulcanica.
Utilizzando le osservazioni raccolte dalla missione Gravity Recovery and Interior Laboratory (GRAIL), che consiste di due sonde spaziali lungo la stessa orbita attorno alla Luna, Gregory Neumann e i suoi colleghi hanno dimostrato che stimare le variazioni gravitazionali intorno ai bacini da impatto può permettere di identificare e caratterizzare quei bacini privi di una struttura circolare distinta.
In un articolo uscito oggi su Science Advances i ricercatori hanno confermato la presenza di diverse strutture da impatto già note e hanno raccolto informazioni più dettagliate di tre bacini aggiuntivi, denominati Asperitatis, Bartels-Voskresenskiy, e Copernico-H.
I risultati indicano anche che le distribuzioni dei bacini nei due emisferi (quello rivolto verso di noi e quello che non vediamo) sono profondamente differenti. L’emisfero che vediamo, infatti, ospita bacini con diametri superiori ai 350 km, mentre su quello opposto sono molto più piccoli. Secondo Neumann e colleghi le differenze di temperatura e porosità hanno probabilmente contribuito a queste diverse distribuzioni.