I dati c’erano già tutti, e pure ben stagionati. Si tratta delle rilevazioni effettuate nel lontano 1997 da un centinaio di magnetometri – appartenenti a diversi osservatori internazionali e sparsi qua e là nell’emisfero nord – durante quattro lievi tempeste geomagnetiche. Dodici ore di misure per ciascuna delle quattro substorm: questo il termine tecnico utilizzato per indicare tempeste solari di bassa intensità che tendono a presentarsi grosso modo ogni quattro ore e responsabili dell’aumento d’intensità e dimensione delle aurore polari.
I dati c’erano già tutti, dicevamo. Quelli che mancavano erano gli strumenti giusti per analizzarli. E non poteva essere altrimenti, visto che gli strumenti in questione sono gli stessi sviluppati negli ultimi anni per l’analisi delle reti sociali: Facebook, Instagram, Twitter e affini. Ma oltre agli strumenti mancava anche un luogo unico di raccolta dei dati, nonché l’idea di trattarli tutti insieme.
Ora c’è tutto quel che occorre. C’è il “social network” dei magnetometri, SuperMAG, una collaborazione guidata da Jesper Gjerloev della Bergen University e della Johns Hopkins University. E c’è lo strumento d’analisi per correlare fra loro tutte le misure. Lo descrive un articolo uscito sulle pagine del Journal of Geophysical Research: Space Physics che usa come caso studio, per l’appunto, le quattro substorm del 1997 di cui dicevamo all’inizio.
«La nuova raccolta di dati di SuperMAG ci ha permesso di cercare correlazioni tra ogni possibile coppia formata da tutti i magnetometri della rete, e di studiare come queste cambiano nel tempo. Siamo riusciti a superare gli ostacoli derivanti dalla distribuzione irregolare dei magnetometri e dalle diverse condizioni presenti in ogni sito», spiega una delle autrici dello studio, Sandra Chapman, della University of Warwick (UK), «ma ciò che più ci ha entusiasmato è l’idea che abbiamo avuto di provare ad applicare le tecniche normalmente utilizzate per studiare le reti sociali, quelle fatte di persone, alla nostra rete fatta di magnetometri».
Il risultato più rilevante, per ora, riguarda la validità del metodo e dell’intuizione di Chapman e colleghi. Ma già da questo studio preliminare emergono osservazioni sulla relazione fra substorms e aurore polari che promettono importanti passi avanti anche nella comprensione di questi complessi fenomeni.
«L’analisi mostra che le connessioni nella rete, prima che abbiano inizio le substorms che portano a fenomeni come l’aurora boreale, sono assai rare. La rete esibisce però un netto aumento della connettività al momento della comparsa delle substorms», osserva Gjerloev, «con una prevalenza delle connessioni alle alte latitudini, benché ve ne siano anche alle latitudini basse e intermedie. Quando la ionosfera si riprende dall’effetto delle substorms, si passa da una struttura dominata da connessioni alle alte latitudini a una dominata, invece, da quelle a latitudini più basse».
Per saperne di più:
- Leggi sul Journal of Geophysical Research l’articolo “Network analysis of geomagnetic substorms using the SuperMAG database of ground-based magnetometer stations”, di J. Dods, S. C. Chapman e J. W. Gjerloev
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