ALLA RICERCA DELLE CANDELE STANDARD

Supernovae gemelle

Le supernovae di tipo Ia hanno luminosità simili, una proprietà che viene utilizzata dagli astronomi per studiare l’espansione dell’Universo. Oggi, uno studio basato su un campione di quasi 50 supernovae, guidato dal team SNfactory, presenta un nuovo metodo che permette di identificare coppie di oggetti dagli spettri confrontabili e da cui è possibile misurare le distanze cosmologiche con una accuratezza migliore. I risultati sono riportati su ApJ

     06/11/2015

Meno di 20 anni fa, il mondo veniva a conoscenza di qualcosa di straordinario sull’Universo: lo spazio si espande molto rapidamente a causa di una misteriosa forza che gli astronomi chiamano energia oscura. La scoperta fu resa possibile grazie ad una speciale classe di oggetti: stiamo parlando delle supernovae di tipo Ia, esplosioni stellari particolarmente brillanti caratterizzate da luminosità simili, proprietà che gli astronomi utilizzano come “candela standard” per studiare la storia evolutiva dell’Universo. Oggi, però, in un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal (ApJ), un gruppo di ricercatori del Nearby Supernova Factory (SNfactory), al Berkeley Lab, ha trovato un nuovo metodo per misurare le distanze cosmologiche con una accuratezza ancora migliore.

Supernova

Illustrazione del trasferimento di massa da una gigante rossa a una nana bianca, circondata da un disco di accrescimento.

Uno dei problemi che devono affrontare gli astrofisici riguarda la natura delle supernovae di tipo Ia: si possono considerare in definitiva vere e proprie “candele standard”? E’ noto che la polvere che si interpone lungo la linea di vista dell’osservatore può arrossarle e renderle più deboli ma anche la fisica delle rispettive esplosioni termonucleari differisce tra un oggetto e l’altro. Ad esempio, una singola nana bianca, un oggetto stellare collassato che può avere le dimensioni di un pianeta come la Terra e conservare tutta la massa del Sole, può esplodere dopo aver attirato la massa da una stella compagna; in altri casi, invece, l’esplosione stellare può avvenire dopo che una coppia di nane bianche, che si trovano in un sistema binario in orbita l’una attorno all’altra, arriva alla collisione. La luminosità delle supernovae di tipo Ia “normali” può variare di una quantità pari al 40 percento. Anche se la dispersione di luminosità tra i vari oggetti può essere ridotta attraverso metodi ben collaudati, la cosmologia continua ad essere fatta facendo uso di cataloghi di supernovae la cui luminosità può variare di una quantità pari al 15 percento.

Grazie ad uno studio recente, i membri del gruppo di ricerca chiamato Nearby Supernova Factory, che si trova al Dipartimento di Energia del Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab), hanno ridotto sensibilmente questa discrepanza relativa alla luminosità delle supernovae. Partendo da un campione di quasi 50 supernovae “vicine”, i ricercatori hanno identificato quelle che definiscono “supernovae gemelle”, cioè coppie di oggetti che possiedono spettri molto simili, un fatto che permette di ridurre la differenza di luminosità fino all’8 percento. La distanza di queste supernovae può essere misurata con una accuratezza due volte migliore rispetto a quanto sia stato fatto in precedenza. «Anzichè focalizzarci su ciò che causa la differenza che si osserva tra le supernovae, il metodo delle supernovae-gemelle consiste nell’analizzare gli spettri trovando quelli che sono confrontabili», spiega Greg Aldering del Berkeley Lab a capo del team SNfactory e co-autore dello studio. «L’ipotesi che abbiamo verificato sperimentalmente è che se due supernovae appaiono simili, allora devono essere uguali».

Hannah Fakhouri, che fa parte del team SNfactory ed è l’autrice principale dello studio, ha iniziato la ricerca delle supernovae-gemelle per la sua tesi di dottorato. «I vantaggi teorici di identificare una coppia di supernovae che hanno spettri simili sono stati discussi a lungo al Berkeley Lab», dice Fakhouri. Per i membri del gruppo di ricerca, tra cui il suo supervisore e Premio Nobel Saul Perlmutter, uno degli obiettivi più importanti è stato quello di acquisire un insieme sufficiente di dati di alta qualità per verificare l’ipotesi delle supernovae-gemelle. Per far questo, Fakhouri è stata avvantaggiata dal fatto di ottenere tutta una serie di misure spettrofotometriche precise, cioè misure simultanee di spettri e luminosità, di diverse supernovae di tipo Ia vicine grazie allo spettrografo SuperNova Integral Field Spectrograph (SNIFS) installato presso il telescopio di 2,2 metri dell’Università delle Hawaii a Mauna Kea. “Vicino” è un termine relativo. Di fatto, alcune supernovae che sono state studiate dai ricercatori della SNfactory si trovano a più di un miliardo di anni luce. Inoltre, i dati utilizzati per lo studio si riferiscono ai primi anni delle osservazioni realizzate dal team mentre per le future campagne osservative gli scienziati utilizzeranno centinaia di spettri di alta qualità che formeranno l’insieme più grande destinato a questo tipo di ricerca.

Nonostante i risultati siano sorprendenti, Fakhouri descrive le prime fasi della sua ricerca come una sorta di “lunga faticata” in quanto essa ha richiesto un lavoro molto duro e intenso e soprattutto una elevata attenzione ai dettagli. Una delle fasi più difficili è stata quella relativa al confronto degli spettri che sono stati ottenuti ad intervalli di tempo vicini, dato che quando la supernova raggiunge il suo massimo di luminosità essa poi diventa sempre più debole: colori differenti (cioè lunghezze d’onda) hanno luminosità e tempi di decadimento caratterizzati da diversi intervalli temporali. Inoltre, a causa della elevata richiesta di tempo del telescopio e tenendo conto di altri fattori, come le condizioni meteo, le serie temporali con cui sono stati ottenuti gli spettri non sono state campionate in maniera uniforme, anche se gli scienziati hanno utilizzato degli accorgimenti matematici per ovviare al problema. La fase di pulizia degli spettri e quella di classificazione in termini della somiglianza spettrale è stata eseguita un po’ “alla cieca” perchè i ricercatori non avevano alcuna informazione sulle supernovae, tranne per gli spettri. «Avremmo potuto verificare che l’ipotesi delle supernovae-gemelle non avesse riscontro», fa notare Fakhouri. Ma il risultato fu un vero e proprio sollievo: più simili erano gli spettri e molto più vicina risultava la luminosità delle supernovae.

Questo risultato suggerisce molto chiaramente che l’incertezza del 15 percento, assunta dagli astronomi a lungo per il problema della dispersione di luminosità delle supernovae di tipo Ia, non è puramente statistica: essa maschera delle differenze reali, anche se sconosciute, nella natura stessa delle supernovae. La forte riduzione in termini di dispersione di luminosità che si ottiene utilizzando il metodo delle supernovae-gemelle suggerisce che anche quei processi fisici “nascosti” che stanno alla base delle esplosioni stellari delle supernovae-gemelle vengono ridotti di conseguenza. Dunque, si tratta di un risultato importante che rende giustizia a tali supernovae che ora possono essere considerate sempre più vere e proprie “candele standard”.

SNIacurva

La caratteristica curva di luce di una supernova di tipo Ia. Il picco è principalmente dovuto al decadimento del nichel (Ni), mentre la fase successiva è dovuta al cobalto (Co).

Quando Fakhouri ricevette il suo dottorato, lo studente Kyle Boone, secondo autore dello studio, mosse gli ultimi passi per ciò che riguarda l’analisi dei dati. “Iniziai a confrontare il metodo delle supernovae-gemelle con altri metodi allo scopo di studiare la dispersione di luminosità”, afferma Boone. Finora, l’approccio convenzionale maggiormente utilizzato è stato quello di far passare la miglior curva che descrive una serie di punti che rappresentano la variazione della luminosità in funzione del tempo: stiamo parlando di una curva di luce. Le supernovae di tipo Ia più deboli mostrano curve di luce più strette e sono più arrossate: questo fatto è utilizzato per “standardizzare” le supernovae, cioè per aggiustare la loro luminosità rispetto ad un comune sistema di riferimento. «Il metodo delle supernovae-gemelle», dice Boone, «batte già in partenza quello delle curve di luce. In più, abbiamo trovato che ciò può essere fatto proprio con uno spettro, cioè non occorre una intera curva di luce».

Altri metodi più recenti sono più sottili e molto dettagliati ma tutti sono svantaggiati nei confronti del metodo delle supernovae-gemelle. «La principale tecnica concorrente fornisce risultati eccellenti ma dipende dalle lunghezze d’onda del vicino infrarosso, dove risulta molto meno la dispersione della luminosità di partenza», continua Boone. «Questa tecnica è molto più complicata per le supernovae distanti il cui elevato redshift rende inaccessibili le lunghezze d’onda del vicino infrarosso». «Le supernovae offrono vantaggi unici per la cosmologia», aggiunge Fakhouri, «ma abbiamo bisogno di diversi approcci, inclusi i metodi statistici che ci permettano di descrivere come l’energia oscura ha forgiato nel corso del tempo la struttura dell’Universo. La cosa più grande della natura è che essa ci offre diversi tipi di strumenti che poi possono essere disaccoppiati l’uno dall’altro». «Le supernovae rappresentano un bene davvero singolare», fa notare Aldering. «Ci hanno permesso di scoprire che esiste una forza misteriosa, l’energia oscura, ed esse ci forniscono ancora i limiti più stringenti sulle sue proprietà».

«Stiamo lavorando per vedere se questo metodo delle supernovae-gemelle possa essere applicato ad un campione più grande di supernovae, ben definite e ad alto redshift, che un telescopio spaziale come WFIRST potrà fornire», dice Boone. La NASA ha infatti pianificato il lancio del Wide-Field Infrared Survey Telescope (WFIRST) a partire dalla metà del prossimo decennio. Tra i vari obiettivi della missione, il telescopio spaziale avrà il compito di ricavare gli spettri di migliaia di supernovae di tipo Ia distanti. Nel momento in cui sarà disponibile un campione ben definito e sufficientemente grande tale da permettere di trovare delle supernovae-gemelle, questo metodo permetterà agli astronomi, almeno così si spera, di ricavare misure precise degli effetti che l’energia oscura ha causato all’Universo nel corso degli ultimi 10 miliardi di anni. Ogni punto nello spazio e nel tempo così identificato rappresenterà una sorta di pietra miliare alquanto accurata che segnerà alcuni tra i momenti più importanti di quel fantastico viaggio che ha portato l’Universo ad essere così come lo vediamo oggi.


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