Sono passati 10 anni da quel 9 novembre 2005 quando venne lanciata la sonda dell’ESA Venus Express, missione con una forte partecipazione INAF e il supporto finanziario dell’ASI. La sonda, arrivata su Venere l’11 aprile 2006, è stata per otto anni il nostro “inviato speciale” all’interno del Sistema solare fino a metà del dicembre 2014, quando la missione è stata dichiarata conclusa (pensate che sarebbe dovuta durare solo 500 giorni!). Venus Express è stata una missione di fondamentale importanza perché per prima ha esplorato “in lungo e in largo” il secondo pianeta del Sistema solare. È la seconda missione interplanetaria dell’ESA dopo Mars Express.
Il veicolo spaziale ha raccolto negli anni una grande quantità di dati sul pianeta, sull’atmosfera e sulla sua superficie. L’Italia e l’INAF, come detto, sono presenti con gli strumenti VIRTIS (una camera iperspettrale nel visibile e nell’infrarosso ideata dallo IAPS di Roma) e PFS (uno spettrometro), con una importante partecipazione su ASPERA-4 (dedicato allo studio del plasma).
Di particolare interesse per gli scienziati proprio l’atmosfera di Venere, la più densa di tutto il Sistema solare e composta per la maggior parte da anidride carbonica. Venere è anche avvolto da uno spesso strato di nuvole composte da acido solforico. Questa combinazione di gas con lo strato di nubi perenne ha portato ad un riscaldamento serra enorme, portando la temperatura superficiale di Venere poco oltre i 450ºC. Ma soprattutto la densità di nuvole e atmosfera ha da sempre nascosto ai nostri occhi il pianeta, impenetrabile dai telescopi a terra. Particolare fenomeno è quello dei venti che soffiano più in alto delle nuvole soffiano a 400 chilometri orari, quindi 60 volte più veloce della rotazione planetaria, con fenomeni quali i famosi vortici polari. Nel corso degli anni la sonda Venus Express ha dimostrato che i vortici polari di Venere sono tra i più variabili del Sistema solare. Questa serie di immagini riprende proprio i venti che soffiano al polo sud del pianeta e sono state scattate da VIRTIS da febbraio 2007 (in alto a sinistra) ad aprile 2008 (in basso a destra). La forma dell’ “occhio” del vortice, che spesso va dai 2000 ai 3000 chilometri, cambia repentinamente per cause ancora non totalmente chiare.
Proprio l’anno scorso la sonda è stata spinta fino agli strati più bassi dell’atmosfera, un’operazione molto rischiosa, ma sempre effettuata in sicurezza, con un rischio aggiuntivo dovuto alla ridotta quantità di carburante rimasto disposizione: nel luglio scorso, alla fine, Venus Express nella sua ultima missione estrema ha raggiunto l’altitudine di soli 129,2. Difficile – poi in effetti impossibile – è stata la fase di risalita, perché la sonda non è riuscita a riprendere l’altezza corretta a causa dell’esaurimento del combustibile dei suoi razzi di manovra. Da quel momento l’inizio della fine di una missione straordinaria.
Su Media INAF il commento di Giuseppe Piccioni, dell’INAF-IAPS di Roma, principal investigator di VIRTIS. È un giorno da celebrare: «Abbiamo “spremuto” per lungo e per largo la sonda con tutti gli strumenti a bordo per avere veramente il massimo in termini di ritorno scientifico. I tantissimi ed importanti risultati scientifici ottenuti sulla comprensione del pianeta “gemello” sono ormai parte della storia scientifica e dell’esplorazione spaziale. Di sicuro il nostro lavoro non è ancora terminato». Piccioni ha aggiunto: «La missione Venus Express è ormai da tutti considerata a livello internazionale un solido riferimento per la scienza venusiana e da cui partire per le future auspicabili prossime esplorazioni. Non da meno, ha sicuramente contribuito a rinnovare un interesse internazionale per il pianeta “dimenticato” ed un appetibile obiettivo di missione spaziale per vari paesi emergenti».
Per saperne di più: