LO SCIAME CAUSATO DALLA COMETA ENCKE

Pioggia di meteoriti su Mercurio

Uno studio recente ha mostrato che il comportamento dell’esosfera di Mercurio, così come è stato osservato dalla sonda MESSENGER, può essere spiegato da un bombardamento di grani di polvere di dimensioni millimetriche sulla sua superficie. La cometa responsabile di questo sciame sarebbe la Encke

     11/11/2015

Uno studio recente ha scoperto che Mercurio è stato bersagliato regolarmente dai grandi di polvere provenienti da una cometa. Questo bombardamento ha un effetto visibile sulla tenue atmosfera del pianeta e potrebbe portarci a comprendere come questi corpi privi di gas riescano a mantenere i loro rarefatti inviluppi.

I risultati verranno presentati questa settimana al meeting annuale della Division of Planetary Sciences dell’American Astronomical Society a National Harbor, da Apostolos Christou all’Osservatorio di Armagh in Irlanda del Nord, Rosemary Killen del Goddard Space Flight Center della NASA e Matthew Burger della Morgan State University di Baltimora, che lavora al Goddard.

Mercurio sembra subire una pioggia di meteoriti che ricorre quando la sua orbita incrocia la scia detriti lasciati dalla cometa Encke (rappresentazione artistica). Crediti: NASA/Goddard

Mercurio sembra subire una pioggia di meteoriti che ricorre quando la sua orbita incrocia la scia detriti lasciati dalla cometa Encke (rappresentazione artistica). Crediti: NASA/Goddard

Noi abitanti della Terra non siamo affatto estranei agli effetti della polvere cometaria su un pianeta e sul suo ambiente. In una notte chiara e senza Luna è possibile assistere alla comparsa in cielo di innumerevoli grani di polvere che bruciano attraversando l’atmosfera terrestre. Li chiamiamo meteore o “stelle cadenti”. In alcuni periodi dell’anno il loro numero aumenta in modo consistente, dando vita ad una sorta di fuochi d’artificio naturali: stiamo assistendo ad uno sciame meteorico. Questo spettacolo pirotecnico è causato dal passaggio della Terra attraverso una scia di particelle di polvere lasciate lungo il proprio cammino da una cometa.

Uno degli sciami più famosi, le Perseidi di agosto, ha origine da cometa Swift-Tuttle, che è stata osservata l’ultima volta nel 1992 e tornerà ad essere visibile tra circa un secolo. Ma la Terra non è l’unico pianeta del sistema solare a raccogliere la polvere cometaria. L’anno scorso, la cometa Siding Spring è passata a meno di 150.000 km da Marte, rilasciando nella sua atmosfera diverse tonnellate di materiale cometario. L’episodio è stato registrato dagli strumenti a bordo di varie sonde in orbita attorno a Marte, come della Mars Atmosphere and Volatile Evolution della NASA e Mars Express dell’ESA.

Corpi come la Luna e Mercurio sono in genere considerati privi di atmosfera, ma sappiamo fin dai tempi degli sbarchi delle missioni Apollo che sono circondati da nubi di particelle provenienti dalla superficie o portate dal vento solare. Anche se queste “esosfere” sono molto rarefatte rispetto all’atmosfera della Terra o di Marte, le osservazioni hanno rivelato che sono piuttosto complesse e dinamiche.

La missione MErcury Surface Space ENvironment, GEochemistry, and Ranging (MESSENGER) della NASA, la prima sonda ad inserirsi in orbita attorno a Mercurio, ha misurato come varia l’esosfera del pianeta nel tempo. L’analisi dei dati effettuata da Burger e colleghi ha trovato una periodicità annuale (in anni di Mercurio) nella variazione di elementi come il calcio. Per approfondire l’indagine, Killen ha collaborato con Joe Hahn dello Space Science Institute e insieme hanno cercato di capire cosa succede quando Mercurio attraversa la cosiddetta nube zodiacale di polvere e la sua superficie è bersagliata da meteoroidi ad alta velocità.

I ricercatori hanno scoperto che la quantità di calcio osservata e l’andamento con cui variava potevano essere spiegati dalla caduta di materiale sulla superficie del pianeta in seguito agli impatti. Tuttavia, c’era un elemento dei dati che non aveva senso: il picco delle emissioni di calcio si vedeva subito dopo il passaggio di Mercurio al suo perielio, il punto di maggiore avvicinamento al Sole, mentre il modello di Killen e Hahn prevedeva che il picco dovesse verificarsi poco prima del perielio. Mancava ancora qualcosa.

Quel qualcosa si è poi rivelato essere polvere cometaria. La cometa Encke fu scoperta nel 18° secolo e prende il nome dal matematico tedesco che per primo ha calcolato la sua orbita. Ha un periodo estremamente breve: torna al proprio perielio ogni 3.3 anni ad una distanza di circa 50 milioni di chilometri dal Sole. La sua orbita, e dunque quella delle particelle di polvere rilasciate al suo passaggio, è abbastanza stabile, pertanto ha potuto formare nei millenni una densa scia di grani di polvere. Killen e Hahn hanno proposto che MESSENGER stesse vedendo le polveri lasciate dalla cometa Encke che impattavano sulla superficie di Mercurio. C’era ancora qualcosa che non tornava, però. Innanzitutto l’orbita di Encke incontra quella di Mercurio circa una settimana dopo rispetto al picco del calcio. Per spiegare questo i ricercatori hanno ipotizzato che nel corso di migliaia di anni la scia di particelle rilasciate dal nucleo cometario si fosse spostata dall’orbita della cometa a quella attuale.

Ma cosa stava provocando questo spostamento? Per scoprirlo Killen e Burger hanno collaborato con Christou, che ha simulato l’evoluzione del flusso di polveri della cometa Encke per diverse decine di migliaia di anni, ovvero la probabile durata di vita della cometa. Christou ha innanzitutto stimato l’”ipotesi migliore” dell’orbita della cometa molte migliaia di anni prima che venisse osservata. A partire da questo, ha ricostruito il tracciato della nube di polvere rilasciata dal nucleo della cometa per capire se, e soprattutto dove, si intersecasse con l’orbita di Mercurio. Ciò che ha scoperto è che la polvere, anziché spostarsi dall’orbita della cometa, si distribuiva lungo di essa formando una scia che incontra Mercurio esattamente quando lo fa la cometa.

Poi ha eseguito nuovamente la simulazione, aggiungendo una piccola interazione tra i grani di polvere e la luce solare chiamata effetto Poynting-Robertson. Questo effetto comporta la presenza di una forza aggiuntiva sui grani che, sebbene piccola, applicata per lunghi periodi di tempo può portare ad un cambiamento significativo dell’orbita. Il risultato è stato che l’orbita delle polveri si è spostata esattamente nella posizione in cui è stato osservato il picco di emissione di calcio. Tra l’altro, l’entità dello spostamento dipende dal momento in cui i grani vengono rilasciati dalla cometa e dalla loro dimensione: più sono grandi i grani meno è intenso l’effetto. Christou ha scoperto che era in grado di riprodurre la tempistica del picco del calcio per grani delle dimensioni di un millimetro o poco più, espulsi dalla cometa Encke tra 10.000 e 20.000 anni fa. Tutto questo è perfettamente coerente con ciò che sappiamo della polvere cometaria: sciami di granelli cometari di dimensioni millimetriche entrano nell’atmosfera della Terra ogni giorno, dando vita a meteore visibili.

«Scoprire che siamo in grado di spostare la posizione della scia di polvere per fare in modo che concordi con le osservazioni di MESSENGER è senza dubbio gratificante, ma il fatto che lo spostamento concordi anche con ciò che sappiamo della cometa Encke da fonti indipendenti ci rende fiduciosi della solidità del rapporto di causa-effetto», ha spiegato Christou.

Questo studio stabilisce un precedente interessante sull’importanza delle diverse popolazioni di polvere nella produzione di un’esosfera.

«Sapevamo già che gli impatti hanno un ruolo importante nella produzione delle esosfere», ha detto Killen. «Quello che non conoscevamo era l’importanza relativa delle scie di polvere cometaria rispetto alla polvere zodiacale. A quanto pare le polveri cometarie possono avere un enorme effetto, sebbene periodico».

L’articolo che descrive lo studio è apparso nell’ultimo numero della rivista Geophysical Research Letters.