Come stimare la massa di un gigantesco buco nero al centro di una galassia? Semplice, basta usare la tecnologia robotica oggi a disposizione. Così ha fatto un gruppo di ricercatori che lavora con il Las Cumbres Observatory Global Telescope network (LCOGT), guidati dal’italiano Stefano Valenti. Al centro dei loro studi la galassia attiva Arp 151, osservata per oltre 200 giorni. Misurare la massa dei buchi neri supermassicci è notoriamente difficile per gli astronomi e per questo le stime provengono da misure indirette.
Per ovviare a questo ostacolo gli esperti ricorrono a volte alla tecnica chiamata “reverberation mapping” cioè mappatura del riverbero, o eco, quindi alla misurazione del raggio della nube di gas che circonda gli AGN (nuclei galattici attivi), cioè galassie con al centro un buco nero gigante che inghiotte la materia attorno a sé: nel girare vorticosamente attorno al buco, una piccola frazione di materia viene sparata via a grandissima velocità. Come si procede? Si traccia l’intervallo di tempo tra la variabilità delle emissioni del disco e l’emissione della nube, ottenendo una scala delle distanze. Combinando queste informazioni si può ottenere anche la massa del buco nero. Dopo oltre sei mesi di osservazione il team ha scoperto un AGN particolarmente variabile all’interno della galassia.
Allora dov’è la notizia, direte, dato che si tratta di procedure già utilizzate in passato. Proprio l’utilizzo di apparecchiatura robotica al posto di ore di lavoro dei ricercatori ai telescopi porterà in futuro a scoperte sempre più frequenti. Anche perché per studiare gli AGN sono necessarie numerose ore di osservazione. Per questo LCOGT entra in gioco. Si tratta di un network di telescopi completamente robotizzato: tutte le operazioni vengono effettuate senza l’intervento dell’uomo, quindi è perfetto per studi di lunga durata (parliamo di osservazioni che richiedono mesi e mesi senza sosta).
Le osservazioni effettuate con LCOGT hanno permesso di definire la massa di questo buco nero, cioè 6,2 milioni di masse solari
Per saperne di più:
Leggi QUI lo studio “Robotic reverberation mapping of Arp 151”, di Stefano Valenti et al.