LA SCOPERTA GRAZIE ALLE OTTICHE ADATTIVE

Il pianeta alieno in formazione

Un team di scienziati ha scoperto LkCa 15 b, un protopianeta che si trova a 450 anni luce di distanza da noi. Osservando come richiama a sé la materia e aumenta di dimensioni potremmo riuscire a rispondere ad alcune domande su come si sia formato il nostro sistema solare. Lo studio esce oggi sulla rivista Nature

     19/11/2015
Illustrazione artistica che mostra come immaginiamo si formino i pianeti intorno a una stella simile a LkCa 15. Isolando la lunghezza d’onda che corrisponde alla riga H-alfa, gli astronomi di Stanford e dell'Università dell'Arizona sono stati in grado di identificare un pianeta che si trova in una delle fasi iniziali della sua formazione. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Illustrazione artistica che mostra come immaginiamo si formino i pianeti intorno a una stella simile a LkCa 15. Isolando la lunghezza d’onda che corrisponde alla riga H-alfa, gli astronomi di Stanford e dell’Università dell’Arizona sono stati in grado di identificare un pianeta che si trova in una delle fasi iniziali della sua formazione. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Fin dall’antichità gli esseri umani si sono interrogati su come si siano formati i pianeti del sistema solare. Oggi un team di astronomi ha annunciato la scoperta di un pianeta extrasolare in formazione. Le osservazioni di questo pianeta alieno potrebbero portarci a una migliore comprensione del processo di formazione dei pianeti intorno ad altre stelle, e a scoprire se i processi che hanno dato vita al nostro sistema solare siano la regola o l’eccezione.

Il pianeta scoperto si chiama LkCa 15 b, orbita attorno a una stella a 450 anni luce di distanza da noi e sembra essere sulla buona strada per diventare simile a Giove.

«Questa è la prima prova incontrovertibile dell’osservazione di un pianeta in fase di formazione, un cosiddetto protopianeta», ha detto Kate Follette, ricercatrice postdoc presso la Stanford University e co-autrice dello studio pubblicato sul numero odierno della rivista Nature. L’analisi dei dati condotta da Follette ha prodotto un’immagine di LkCa 15 b che brilla in un ambiente composto da idrogeno gassoso ad alte temperature, esattamente ciò che la teoria prevede per sistemi planetari in formazione.

Nell’articolo, oltre all’osservazione di Follet, sono stati aggiunti i dati di Steph Sallum, laureato presso l’Università dell’Arizona, che ha osservato in modo indipendente lo stesso sistema sfruttando una tecnica complementare.

Il pianeta si sta formando all’interno del disco protoplanetario, una specie di ciambella composta da polvere e detriti rocciosi in orbita intorno alla stella LkCa 15. Si ritiene che le zone centrali vuote di questi dischi, ripulite da polveri e gas, siano dovute alla presenza di pianeti in formazione, che raccogliendo materiale svuotano la propria orbita. Gli astronomi hanno a lungo ipotizzato che l’osservazione di queste regioni avrebbe potuto portare alla scoperta diretta di protopianeti, ma ottenere immagini definite di queste zone è estremamente impegnativo.

Per ottenere questo ambizioso obiettivo, Follette e i suoi colleghi hanno progettato uno strumento di imaging che fosse in grado di indagare questa delicata fase. Il processo attraverso il quale un pianeta passa dall’essere un nucleo di roccia o ghiaccio a un gigante gassoso coinvolge grandi quantità di energia. La caduta dell’idrogeno gassoso dal disco verso il nucleo del protopianeta, lo riscalda e lo illumina come una lampadina fluorescente, emettendo una particolare lunghezza d’onda nella luce visibile chiamata H-alfa.

Utilizzando il Telescopio Magellano in Cile, Follette, insieme al professor Bruce Macintosh della Stanford e ai loro collaboratori dell’Università dell’Arizona, sono stati in grado di perfezionare la misura dell’emissione di questa luce H-alfa proveniente da LkCa 15 b.

«Quando ho elaborato i dati ero molto emozionata, ma ho preferito essere cauta», ha raccontato Follette, che ha iniziato questa ricerca quando era laureanda presso l’Univestià dell’Arizona. «Ero abbastanza sicura di aver scoperto qualcosa di interessante, ma in questo campo siamo sempre a caccia di oggetti, e analizziamo dati al limite di ciò che è possibile rilevare. La cosa interessante è che questo oggetto è sopravvissuto a tutti i test a cui lo abbiamo sottoposto per assicurarci che fosse reale».

Per effettuare la scoperta, gli scienziati hanno elaborato le immagini sottraendo la luce della stella ospite. Grazie a questo procedimento è possibile isolare la luce proveniente dal pianeta, che è molto più debole. Il protopianeta si trova molto vicino alla stella madre, e se si fosse trovato un po’ più vicino o fosse stato un poco più debole, Lc Ca 15 ne avrebbe impedito il rilevamento.

«La differenza di luminosità tra una stella e un pianeta extrasolare è paragonabile alla differenza tra una lucciola e un faro», ha spiegato Follette. «È molto difficile isolare la luce del pianeta quando è così debole e così vicino alla stella. Ma poiché abbiamo potuto concentrarci su una lunghezza d’onda specifica, nella quale il pianeta brilla in modo intenso, il segnale era significativamente più forte».

Le immagini sono state affinate usando la tecnica dell’ottica adattiva, che corregge le turbolenze subite dalla luce nel passaggio attraverso l’atmosfera. Il sistema di ottiche adattive del Telescopio Magellano è il primo con una camera a luce visibile capace di raccogliere immagini in H-alfa, e sarà estremamente utile per la ricerca di pianeti extrasolari.

Il professor Macintosh, che era a capo della recente scoperta del pianeta 51 Eridani b, ha spiegato come l’imaging effettuato con l’ottica adattiva stia permettendo agli astronomi di completare il quadro del ciclo di nascita dei pianeti.

«51 Eridani b è un pianeta adolescente, ha circa 20 milioni di anni, già completamente formato e in fase di raffreddamento», ha detto. «Il pianeta di Kate è un bambino, ancora in piena fase di riscaldamento e accrescimento».

Il team continuerà a monitorare LkCa 15 b per comprendere meglio il processo di formazione dei pianeti, e le impronte che questo processo lascia sul disco protoplanetario. Se questo pianeta è responsabile della lacuna nel disco, potrebbe voler dire che l’osservazione di lacune simili in altri dischi indica la presenza di pianeti in formazione.

Follette ha aggiunto che questo tipo di studi è fondamentale per ottenere una migliore comprensione di come si formano i pianeti, ed è spinto dal desiderio di capire se i meccanismi con cui riteniamo si sia formato il nostro sistema solare siano l’eccezione o la regola.

«Una delle domande fondamentali dell’uomo è se siamo soli o unici», ha detto Follette. «È bello osservare esopianeti simili a Giove, come LkCa 15 b, ma ciò che ci preme realmente è spingere la tecnologia che abbiamo a disposizione per arrivare a rilevare pianeti extrasolari simili alla Terra. Sono sempre stata ispirata dalla famosa immagine che Carl Sagan ha chiamato “pale blue dot” (in italiano “puntino azzurro”), scattata dalla sonda Voyager mentre passava nei pressi di Saturno. Ci piacerebbe osservare qualcosa di simile attorno a un’altra stella, e ci stiamo muovendo in questa direzione».