Facciamocene una ragione: Phobos, la maggiore delle due lune di Marte, è destinata a finire in mille pezzi. E’ ormai accertato che il corpo celeste si sta lentamente ma inesorabilmente avvicinando al Pianeta rosso, al ritmo di qualche centimetro all’anno e gli scienziati sono abbastanza concordi nel segnare la fine di Phobos in un’intervallo di tempo che oscilla tra 20 e 50 milioni di anni. Ma molto probabilmente non ci sarà un mega impatto con Marte: la luna si disintegrerà prima di raggiungere la sua superficie. Ne avevamo parlato qualche giorno fa qui su Media INAF, riportando le indagini di alcuni scienziati del Centro Goddard della NASA. A rafforzare questa ipotesi arriva ora un nuovo studio condotto da Benjamin Black e Tushar Mittal, due giovani ricercatori dell’Università della California a Berkeley, pubblicato sull’ultimo numero di Nature Geoscience. L’indagine mette in evidenza che le rocce di Phobos non riusciranno a resistere alle forze mareali di Marte all’avvicinarsi al pianeta. Dunque la luna, il cui diametro medio è di circa 22 chilometri, si sbriciolerà letteralmente ben prima di impattare sul suo pianeta. Come? «Immaginate di rompere una barretta di cereali. Vedrete briciole e pezzetti spargersi dovunque» spiega Black, con un’analogia alquanto colorita. I resti più massicci della luna precipiterebbero comunque sulla superficie di Marte, seguendo orbite spiraleggianti e impattando con direzioni molto radenti, producendo crateri dalla forma ovale. I resti più piccoli, composti da ciottoli e soprattutto polveri, rimarrebbero in orbita, creando un vero e proprio anello attorno al pianeta, che però avrà vita tutto sommato breve, compresa tra qualche milione e un centinaio di milioni di anni. Poi, anche quel materiale si depositerà definitivamente sulla superficie di Marte.
I due ricercatori sono giunti a questi risultati valutando la resistenza strutturale di Phobos in modo indiretto, raccogliendo cioè dati da rocce terrestri e meteoriti che presentano le stesse caratteristiche fessurative e che hanno densità e composizione simili alle rocce di cui è fatta la luna marziana. Nella loro indagine, Black e Mittal hanno anche studiato la consistenza di Phobos ricostruendo al computer l’impatto da cui è stato prodotto il caratere Stickney, che con i suoi 10 chilometri di diametro ha un’estensione di circa un sesto della circonferenza della luna. Con queste informazioni a disposizione, i due ricercatori sono passati ad analizzare l’evoluzione dell’anello che si formerebbe dai resti di Phobos, sfruttando tecniche simili a quelle utilizzate per studiare quelli, ben più maestosi, che circondano Saturno.
«Se la luna si dovesse disintegrare alla distanza di 1,2 raggi di Marte, quindi a 680 chilometri dalla sua superficie, si verrebbe a formare un anello assai stretto, con una densità paragonabile a quella degli anelli più densi che si trovano attorno a Saturno» dice Mittal. «Con il passare del tempo questo anello si espanderebbe e poi, sotto l’effetto della forza di gravità del pianeta, in pochi milioni di anni le sue particelle scenderebbero fino a raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera marziana, per precipitare al suolo». Se invece Phobos dovesse cedere prima, e dunque a una distanza maggiore, l’anello potrebbe mantenersi integro per un periodo più lungo, anche 100 milioni di anni. Uno spettacolo effimero, almeno in termini astronomici, ma sarebbe visibile anche dalla Terra? Gli autori non si sbilanciano, anche se ritengono che questa struttura riuscirebbe a riflettere abbastanza luce da far apparire Marte leggermente più brillante anche alle nostre distanze e, magari, mostrare al telescopio le striature delle ombre degli anelli proiettate sulla sua superficie.
Per saperne di più:
- l’articolo The demise of Phobos and development of a Martian ring system di Benjamin Black e Tushar Mittal pubblicato su Nature Geoscience