Un gruppo internazionale di astrofisici, guidati da Sjoert van Velzen della Johns Hopkins University, è stato testimone, per la prima volta, di un evento raro: stiamo parlando di una stella mentre viene distrutta da un buco nero e della formazione di un getto di materia che si muove a velocità prossime a quella della luce. I risultati sono riportati su Science.
I buchi neri sono regioni dello spazio così dense che l’intensa forza gravitazionale che essi generano arresta qualsiasi fuga della materia, sotto forma di gas o luce, il che li rende così invisibili da creare una sorta di “effetto di vuoto” nel tessuto dello spaziotempo. Gli scienziati ritengono che quando un buco nero viene forzato a catturare una enorme quantità di gas, in questo caso un’intera stella, il getto di plasma, costituito da particelle elementari che si muovono in un campo magnetico e che si propaga con velocità prossime a quella della luce, è in grado di sfuggire dalla regione circostante il buco nero, meglio nota come orizzonte degli eventi. I risultati di questo studio, di cui abbiamo riportato di recente le osservazioni in banda X in un altro articolo (vedasi Quando una stella si avvicina a un buco nero) suggeriscono che tale predizione è sostanzialmente corretta.
«Le nostre osservazioni hanno permesso di seguire la traiettoria della stella, che ha le dimensioni del nostro Sole, mentre si sposta dalla sua orbita e viene catturata dalla gravità del buco nero supermassiccio», spiega Sjoert van Velzen, Hubble fellow alla Johns Hopkins e primo autore dello studio. «Questi eventi sono estremamente rari. E’ la prima volta che assistiamo alle fasi principali che abbiamo potuto monitorare nel corso di diversi mesi, cioè dalla distruzione della stella alla formazione del getto relativistico».
«Altri lavori che avevano lo scopo di trovare questi getti, tra cui il nostro, sono arrivati dopo», continua van Velzen. È noto che i buchi neri supermassicci risiedono nei nuclei delle galassie massive. In particolare, l’oggetto del presente studio fa parte di quegli oggetti più “leggeri”, avendo una massa di circa un milione di Soli, ma possiede comunque una forza tale da “ingoiare” un’intera stella.
Le prime osservazioni di questo particolare evento sono state realizzate con un telescopio situato nelle Hawaii da un team di ricercatori della Ohio State University, il cui annuncio fu pubblicato il 2 Dicembre dello scorso anno su Twitter. Gli scienziati che lavorano alla All-Sky Automated Survey for Supernovae (ASAS-SN) riportarono la scoperta di un oggetto, denominato con la sigla ASASSN-14li, localizzato nel nucleo di una galassia situata a circa 300 milioni di anni luce. Dopo esserne venuto a conoscenza, van Velzen contattò immediatamente un gruppo di astronomi inglesi, guidati da Rob Fender dell’Università di Oxford, che utilizzarono i radiotelescopi per seguire quanto prima il fenomeno. I ricercatori furono proprio in tempo per catturare il buco nero in azione.
Da quel momento, gli scienziati hanno ricavato tutta una serie di dati nelle varie bande dello spettro elettromagnetico, grazie ad osservazioni realizzate sia con i satelliti che con i telescopi terrestri, ottenendo così una sorta di “quadro a diverse lunghezze d’onda” dell’evento in corso. Il fatto che la galassia in questione si trovi molto più vicina rispetto ad altri casi studiati in precedenza, le cui distanze sono di tre volte superiori, ha aiutato molto gli astronomi che hanno potuto seguire le fasi relative alla formazione del getto, una volta che la stella viene distrutta.
Il primo passo è stato quello di escludere la possibilità che la luce fosse associata al cosiddetto disco di accrescimento, che si forma quando il buco nero cattura materia dallo spazio circostante. Ciò ha permesso di confermare che l’improvviso incremento di luce proveniente dalla galassia doveva essere essenzialmente associato alla cattura di una stella. «La distruzione di una stella da parte di un buco nero è un processo alquanto complicato e non è stato del tutto spiegato», fa notare van Velzen. «I nostri dati, però, indicano che i ‘resti’ della stella distrutta possono in qualche modo riorganizzarsi e formare molto rapidamente un getto, un risultato di importante valore scientifico in quanto ci fornisce preziosi indizi per costruire una teoria completa che possa descrivere questi eventi».
Quello di van Velzen non è stato l’unico gruppo ad osservare questo oggetto alla ricerca di segnali radio provenienti da questa stella sfortunata. Infatti, un altro team di Harvard ha osservato la stessa sorgente con i radiotelescopi situati nel Nuovo Messico, pubblicando i risultati online. Poi, entrami i gruppi si sono incontrati, per la prima volta, lo scorso Novembre quando a un workshop organizzato a Gerusalemme essi hanno presentato i propri risultati. «Il meeting è stato molto costruttivo perchè abbiamo avuto la possibilità di scambiare le nostre idee in merito a questo particolare evento», conclude van Velzen.
Il passo successivo sarà ora quello di individuare altri eventi di distruzione mareale nel giro di qualche anno, in modo che si possano ricavare altri dati per descrivere ancora più in dettaglio questi affascinanti fenomeni astrofisici.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su Science: S. van Velzen et al. 2015 – A radio jet from the optical and X-ray bright stellar tidal disruption flare ASASSN-14li