Per la prima volta gli astronomi hanno rilevato la presenza di campi magnetici appena fuori l’orizzonte degli eventi di un buco nero supermassicio, precisamente quello che si trova al centro della nostra galassia, la Via Lattea.
«La comprensione di questi campi magnetici è essenziale», dice Michael Johnson dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA) leader del team che ha redatto lo studio pubblicato oggi sulla rivista Science. «L’esistenza di tali campi magnetici è stata da sempre ipotizzata, ma nessuno fino ad oggi ne avuto l’evidenza della loro presenza. I risultati ottenuti danno una solida base a quelle che fino ad oggi sono state solo speculazioni teoriche», aggiunge il principal investigator Shep Doeleman (CfA/MIT), assistente direttore dell’Haystack Observatory dell’MIT.
É stato possibile raggiungere questo risultato grazie al network di radiotelescopi che formano l’Event Horizon Telescope (EHT). Grazie all’osservazione congiunta effettuata con grandi radiotelescopi l’EHT è in grado di rilevare immagini di ampiezza pari 15 microsecondi d’arco. Un arcosecondo ha un’ampiezza pari a 1/3.600 di grado, per fare un paragone una pallina da golf sulla luna avrebbe un’ampiezza angolare di 15 microsecondi d’arco.
È necessario di disporre di una risoluzione così elevata in ragione del fatto che un buco nero supermassiccio è uno degli oggetti più compatti dell’universo, il buco nero centrale della nostra galassia, Sgr A* (Sagittarius A-star), ha una massa paria a 4 milioni di volte quella del Sole, mentre il suo orizzonte degli eventi ha un’ampiezza di “soli” 12 milioni di chilometri, più piccolo delll’orbita di Mercurio, ed essendo collocato a circa 25.000 anni luce di distanza da noi tale grandezza corrisponde ad un’ampiezza incredibilmente piccola: soli 10 microsecondi d’arco. Per fortuna l’intensa gravità del buco nero “trattiene” la luce in modo che essa appaia più grande nel cielo: circa 50 microsecondi d’arco, un’ampiezza che l’EHT è stato quindi rilevare.
L’Event Horizon Telescope ha effettuato osservazioni ad una lunghezza d’onda di 1,3 mm, misurando quanto tale luce fosse polarizzata linearmente. Nel caso dell’oggetto Sgr A* la luce polarizzata è emessa dal movimento a spirale degli elettroni attorno alle linee di campo magnetico. Come risultato questa luce traccia la struttura del campo magnetico.
«Ancora una volta il centro della galassia dimostra di essere un luogo ben più dinamico di quello che avremmo mai potuto immaginare», aggiunge.
Le osservazioni sono state realizzate sfruttando tre infrastrutture situate in tre differenti luoghi: il Submillimeter Array ed il James Clerk Maxwell Telescope – entrambi situate alle Hawaii – il Submillimeter Telescope situato in Arizona sul monte Graham e il Combined Array for Research in Millimeter-wave Astronomy (CARMA) vicino Bishop, in California. Man mano che l’EHT potrà contare su un maggior numero di radiotelescopi diffusi sulla Terra, e raccogliere quindi un quantitativo di dati maggiore, crescerà anche la sua capacità di risoluzione, con l’obiettivo di riuscire a raccogliere immagini per la prima volta direttamente dall’orizzonte degli eventi del buco nero.
Il team dell’EHT, grazie a questo risultato è più vicino a risolvere una delle domande e dei paradossi più grandi su cui gli astronomi si interrogano, ovvero il perché i buchi neri siano così luminosi.