E’ una generazione di stelle che negli ultimi anni ha acceso un vivace dibattito scientifico tra gli astrofisici. Stelle giganti, evolute e ricche di alluminio, la cui esistenza all’interno degli ammassi globulari (enormi agglomerati che contano centinaia di migliaia di stelle, dislocati nella nostra Galassia) era prevista dai modelli teorici di evoluzione stellare ma che finora non erano state trovate. E per questo erano state recentemente proposte teorie alternative che ne spiegavano l’assenza. Questa generazione di stelle “fantasma” è però stata finalmente scoperta, e il merito va a un team internazionale di scienziati, guidati da Domingo Anìbal García-Hernández dell’Instituto de Astrofísica de Canarias-IAC e a cui hanno partecipato Sara Lucatello e Santi Cassisi, dell’INAF. Nel loro lavoro, che viene pubblicato oggi sul sito web della rivista The Astrophysical Journal Letters (ApJL) viene riportata l’identificazione in quattro ammassi globulari Galattici, diversi per età e composizione chimica, di quelle stelle, che gli astrofisici chiamano stelle di AGB (acronimo di Asymptotic Giant Branch, Ramo Asintotico delle Giganti), ricche di alluminio.
I ricercatori hanno analizzato l’abbondanza di alluminio in stelle di dieci ammassi globulari della Via Lattea utilizzando gli spettri nel vicino infrarosso raccolti nell’ambito della collaborazione internazionale Sloan Digital Sky Survey (SDSS-III), ottenuti con lo spettrografo APOGEE (Apache Point Observatory Galactic Evolution Experiment) nella banda H del vicino infrarosso (1,6 micron). I lavori precedenti erano invece basati su osservazioni fatte in luce visibile. Le abbondanze di alluminio ottenute dagli spettri sono state combinate con fotometria da terra ad alta precisione per identificare correttamente le stelle di AGB, e distinguerle così da altre categorie di stelle, come le giganti rosse e le stelle del braccio orizzontale.
«Le precedenti analisi osservative sembravano suggerire che le stelle cosiddette di seconda generazione, ricche di alluminio, non raggiungessero la fase evolutiva di AGB, e la spiegazione che ne era stata data era che esse subissero un efficiente processo di perdita di massa durante la precedente fase di combustione centrale di elio» commenta Santi Cassisi, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Teramo. «Questa soluzione contrastava con i risultati di un nostro recente studio teorico. Pertanto l’apparente mancanza di stelle di seconda generazione lungo l’AGB sarebbe stata un problema rilevante per i modelli di evoluzione stellare e le teorie di formazione degli ammassi globulari».
Lo studio degli ammassi globulari – tradizionalmente utilizzati per indagare l’evoluzione stellare, e a lungo considerati composti da un’unica popolazione di stelle, nate nello stesso momento e con la medesima composizione chimica – ha recentemente rivelato, grazie anche ad un fondamentale contributo portato da ricercatori dell’INAF, che essi contengono più popolazioni stellari, cronologicamente molto vicine come tempi di formazione, ma di composizione chimica profondamente diversa . Nella prima generazione stellare, alluminio e sodio sono scarsi, mentre nella seconda le stelle sono “contaminate” dalla prima popolazione e sono ricche di questi elementi chimici. Lo studio delle abbondanze chimiche permette di stabilire a quale popolazione appartengono le stelle osservate e quindi a stabilire i relativi rapporti di popolazione. Finora erano state trovate due popolazioni di stelle in diversi stadi evolutivi, ma le stelle di AGB studiate nella letteratura esibivano una composizione chimica tipica della prima popolazione, cioè con basso contenuto di sodio e alluminio.
Un lavoro di Campbell e colleghi comparso su Nature nel 2013 ha vivacizzato il dibattito, riportando la completa mancanza di stelle di seconda popolazione nel Ramo Asintotico delle Giganti nell’ammasso globulare NGC6752 e suggerendo che le stelle della seconda popolazione non attraversassero la fase di AGB, forse a causa di una notevole perdita di massa nella fase precedente, cioè quella di braccio orizzontale. La soluzione proposta però portò un inevitabile scompiglio tra gli addetti ai lavori poiché non era prevista nello scenario canonico dell’evoluzione stellare. In più, la mancanza di stelle di AGB di seconda generazione nell’ammasso in esame, avrebbe reso impossibile spiegare i rapporti dei conteggi tra stelle di prima e seconda generazione sulla base dei tempi evolutivi previsti dai modelli stellari più recenti. Dunque, abbracciare questa ipotesi significava riconoscere l’inattendibilità degli attuali modelli teorici di evoluzione stellare per le stelle di piccola massa.
«La nostra scoperta di stelle ricche di alluminio, e quindi appartenenti alla seconda popolazione, in quattro ammassi globulari, uno dei quali molto simile a quello studiato da Campbell e collaboratori» spiega Sara Lucatello dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova «è un’importante conferma per i modelli di evoluzione stellare. La spettroscopia infrarossa presenta indubbiamente dei vantaggi rispetto a quella ottica nello studio della composizione chimica di stelle fredde ed evolute come quelle in oggetto, soprattutto per quanto riguarda alcuni elementi chiave come il sodio e l’alluminio, discriminanti per le due popolazioni».
Per saperne di più:
- L’articolo Clear evidence for the presence of second-generation asymptotic giant branch stars in metal-poor Galactic globular clusters di D. A. García-Hernández, Sz. Mészáros, M. Monelli, S. Cassisi, P. B. Stetson, O. Zamora, M. Shetrone y S. Lucatello pubblicato on line sul sito web della rivista The Astrophysical Journal Letters
- Il comunicato stampa dell’Instituto de Astrofísica de Canarias – IAC (in inglese)