LO STUDIO A GUIDA INAF SU MNRAS

Supernova con buco nero nella Fenice

Un team di ricercatori, molti dei quali dell'INAF, presenta i risultati di un lungo e accurato studio su una supernova esplosa quasi 20 anni fa, ricostruendone in dettaglio la sua evoluzione. Stefano Benetti (INAF): «Potremmo aver osservato per la prima volta la fine di una stella massiccia, altrimenti destinata ad una fine oscura ed anonima. Ora nella zona dell'esplosione ci dovrebbe essere un buco nero avente una massa di circa 7-8 masse solari»

     04/12/2015
Immagine animata della supernova 1996al osservata in prossimità del massimo, e quando aveva una fase di 2177 giorni (ed era circa mille volte più debole). L'€™immagine è stata ottenuta con lo strumento FORS2 con filtro H-Alfa installato al telescopio VLT dell'ESO. (Clicca sull'immagine per vedere l'animazione)

Immagine animata della supernova 1996al, osservata in prossimità del massimo e quando aveva una fase di 2177 giorni (ed era circa mille volte più debole). L’€™immagine è stata ottenuta con lo strumento FORS2 con filtro H-Alfa installato al telescopio VLT dell’ESO. (Clicca sull’immagine per vedere l’animazione)

Pochi istanti per esplodere, tanti anni per essere studiata e rivelare la sua complessa evoluzione. E’ un destino che si incrocia e parte da lontano quello che segna l’apparizione della supernova 1996al e l’attività di ricerca di Stefano Benetti, astronomo dell’INAF, ora in forza all’Osservatorio Astronomico di Padova. Lui e il suo team in gran parte composto da colleghi dell’INAF, ha in pubblicazione un articolo che è un po’ la ‘summa’ di quasi 20 lunghi anni di raccolta dati e indagini. La storia inizia appunto nel luglio del 1996, quando la supernova apparve in NGC 7689, una bella galassia a spirale distante da noi circa 75 milioni di anni luce, in direzione della costellazione della Fenice. Stefano era allora un giovane astronomo presso l’osservatorio ESO (European Southern Observatory) a La Silla, in Cile, che lì aveva il compito di gestire il programma dedicato ai Target of Opportunity, ovvero quelle osservazioni in cui il tempismo è fondamentale. Come appunto per le esplosioni di supernova, non prevedibili e che richiedono, per ottenere il massimo delle informazioni scientifiche, misure quanto più prossime al tempo della loro prima apparizione in cielo. E così, partono una serie di osservazioni con i migliori strumenti a disposizione dello European Southern Observatory sulle Ande cilene, che nel tempo hanno visto coinvolti anche il Very Large Telescope e gli spettrografi FORS2 e XShooter, ed eseguite all’interno di programmi osservativi guidati dai membri del gruppo di ricerca sulle supernovae presso le strutture INAF di Padova e Asiago.

Stefano Benetti, nel 1996

Stefano Benetti, nel 1996

I tanti dati accumulati ed elaborati, sintetizzati nel lavoro che comparirà sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, tracciano un quadro dettagliatissimo della storia di SN1996al: classificata come una supernova di tipo II lineare, nella sua fase di massima luminosità ha brillato come più di un miliardo di soli. Tipo II significa che lo spettro ricavato dalla sua radiazione è dominato dalla presenza di righe dell’Idrogeno; lineare significa che la curva di luce segue un andamento lineare (in magnitudine) dopo il massimo.

Grazie alle accurate misure spettroscopiche, il team è riuscito a calcolare anche la velocità con cui si stanno allontanando i resti della stella esplosa come supernova, prossima ai quaranta milioni di chilometri l’ora. Ma non solo: è anche riuscito a dedurre che questi brandelli stellari si stavano muovendo all’interno di altro materiale, perso dalla stella progenitrice prima dell’esplosione e in moto a velocità almeno dieci volte più basse.

Schema del materiale circumstellare attorno alla supernova, come riportato dagli autori. Nella regione più interna il materiale presentava una forma oblata. I resti stellari espulsi nell'esplosione, interagendo con esso, danno origine alle righe larghe ed asimmetriche dell'idrogeno e dell'elio. Terminata questa fase, circa 150 giorni dopo l'€™esplosione, i resti espulsi incontrano altro materiale, disposto principalmente in un disco e in agglomerati. Queste tre componenti sono visibili per tutta la durata delle osservazioni, durate circa 15 anni

Schema del materiale circumstellare attorno alla supernova, come riportato dagli autori. Nella regione più interna il materiale presentava una forma oblata. I resti stellari espulsi nell’esplosione, interagendo con esso, danno origine alle righe larghe ed asimmetriche dell’idrogeno e dell’elio. Terminata questa fase, circa 150 giorni dopo l’€™esplosione, i resti espulsi incontrano altro materiale, disposto principalmente in un disco e in agglomerati. Queste tre componenti sono visibili per tutta la durata delle osservazioni, durate circa 15 anni

«Probabilmente, questo materiale circumstellare non era distribuito uniformemente attorno alla stella, ma era soprattutto distribuito su un disco la cui estensione era maggiore di 0.5 anni luce» spiega Benetti. «Dunque la stella ha perso questo disco di materia in modo costante per molto tempo prima di esplodere». «Fatto insolito per questi tipi di studi, abbiamo rintracciato in dati di archivio la luce emessa dalla stella progenitrice nella riga H-alfa dell’idrogeno ionizzato, otto anni prima di esplodere» aggiunge Benetti. «Questa osservazione fondamentale ci ha detto che l’oggetto celeste inizialmente era una stella abbastanza massiccia, con una massa 25 volte quella del Sole».

«Questo – prosegue l’astronomo – insieme allo studio della variazione della luminosità  e velocità  della supernova, ci ha portato con il tempo ad ipotizzare che la stella progenitrice di SN 1996al abbia prodotto un’esplosione intrinsecamente abbastanza debole (circa dieci volte più debole di una supernova “normale”), dove la maggior parte della materia che formava la stella non è stata espulsa nell’esplosione, ma è ricaduta sul remnant, ovvero il residuo densissimo del nucleo stellare sopravvissuto alla catastrofica deflagrazione. Quindi, al centro della zona dove è avvenuta l’esplosione ora ci dovrebbe essere un buco nero avente una massa di circa 7-8 masse solari! Potremmo aver così osservato per la prima volta la fine di una stella massiccia, altrimenti destinata ad una fine oscura ed anonima (come previsto dalle teorie di evoluzione stellare) se non avesse avuto attorno una nebulosa che ha reso l’ultimo suo bagliore non solo notevolmente più luminoso, ma anche estremamente protratto nel tempo.»

Per saperne di più:

  • l’articolo The spectacular evolution of Supernova 1996al over 15 years: a low energy explosion of a stripped massive star in a highly structured environment di Stefano Benetti, Nikolai N. Chugai, Victor P. Utrobin, Enrico Cappellaro, Ferdinando Patat, Andrea Pastorello, Massimo Turatto, Guido Cupani, Ralph Neuhauser, Nelson Caldwell, Giuliano Pignata, Lina Tomasella accettato per la pubblicaizone sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society