Un team di astronomi dell’Università del Texas, guidati da Natalie Gosnell, ha utilizzato il telescopio spaziale Hubble per comprendere più a fondo il perchè alcune stelle non stiano seguendo la propria evoluzione come predetto dai modelli. Questi oggetti, denominati “blu straggler”, appaiono più caldi e più blu rispetto a quanto dovrebbero essere a causa della loro età avanzata. È un po’ come se fossero state rinvigorite per apparire molto giovani, più di quanto non lo siano in realtà. La scoperta di Gosnell e colleghi fa luce sui processi fisici responsabili del cambiamento pari al 25 percento di stelle evolute e riempe alcune lacune nell’ambito degli studi sull’evoluzione stellare. I risultati sono riportati su Astrophysical Journal.
Sebbene le blu-straggler siano state identificate 62 anni fa, gli astronomi devono ancora chiarire la loro apparenza peculiare. Oggi, la spiegazione più popolare, tra le varie teorie concorrenti, è che una stella in fase avanzata della sua evoluzione “rovescia”, per così dire, della materia su una compagna più piccola. Quest’ultima inizia ad incrementare la sua massa fino a diventare più calda e più blu mentre la stella primaria evolve così rapidamente che collassa sotto l’effetto della propria gravità lasciando come residuo finale una nana bianca.
Per verificare questa teoria, il gruppo di Gosnell ha realizzato una serie di osservazioni dell’ammasso stellare aperto NGC 188, dove sono presenti 21 oggetti di tipo blu-straggler. Di questi, Gosnell ha analizzato la radiazione ultravioletta, misurabile con il telescopio spaziale Hubble, trovando che in ben 7 casi le compagne sono nane bianche. Delle rimanenti 14 blu-straggler, altre 7 mostrano evidenze che il cosiddetto “trasferimento di massa” tra le stelle avviene con altre modalità. «Riteniamo che questi oggetti siano sistemi binari blu-straggler/nane bianche più vecchi, il che ci fa pensare che almeno due-terzi delle blu-straggler si formino mediante il meccanismo del trasferimento di massa», spiega Gosnell. «E’ un risultato davvero entusiasmante. Finora non avevamo a disposizione una prova osservativa concreta, ma solo risultati suggestivi. È la prima volta che possiamo porre dei limiti alla percentuale di blu-straggler che si sono formate attraverso il meccanismo del trasferimento di massa».
I risultati ottenuti da Gosnell e colleghi forniscono nuovi indizi sui processi fisici responsabili del cambiamento pari al 25 percento di stelle che si trovano in fase avanzata della propria evoluzione. «Il problema delle ‘stelle rinate’ è venuto alla luce di recente perché negli ultimi anni gli astronomi sono stati in grado di produrre un censimento completo e accurato di stelle presenti in un certo numero di ammassi stellari aperti», fa notare Gosnell. «Gli ammassi aperti rappresentano il miglior banco di prova per studiare l’evoluzione stellare, perché possiedono una popolazione stellare molto semplice. In altre parole, tutte le stelle presenti nell’ammasso si formano nello stesso tempo e dallo stesso materiale».
Gli studi sulle popolazioni stellari degli ammassi hanno permesso di concludere che fino a un quarto delle stelle più vecchie non stanno seguendo l’evoluzione stellare come ci si aspetta dai modelli. Le stelle che dovrebbero diventare giganti rosse, come Aldebaran, si trasformano invece in blu-straggler, oggetti alquanto brillanti, di color blu caratterizzati da strane proprietà. Uno degli obiettivi degli autori è quello di capire che cosa sia accaduto a questi oggetti. A tal fine, grazie anche alla preziosa collaborazione di Bob Mathieu dell’University of Wisconsin-Madison, il gruppo di Gosnell ha proposto uno studio per realizzare una serie di osservazioni con l’Advanced Camera for Surveys, situata a bordo del telescopio spaziale Hubble, allo scopo di discriminare tra le diverse teorie che tentano di spiegare come queste stelle siano diventate blu-straggler. In particolare, gli autori hanno messo a confronto tre teorie che riguardano: 1) le collisioni stellari nell’ammasso, i cui resti si aggregano nel corso del tempo per formare una blu-straggler; 2) la fusione (merger) di due stelle in un sistema stellare triplo e 3) il trasferimento di massa tra due stelle in un sistema binario.
«In un sistema binario, la stella più grande evolverà più rapidamente», dice Gosnell. Quella stella diventerà poi una gigante rossa, i cui strati di gas più esterni sono trattenuti a malapena dalla gravità stellare. Questi strati, però, possono essere attratti dalla gravità dovuta alla stella compagna: ecco spiegato il trasferimento di massa. Man mano che il gas viene convogliato sulla compagna, la gigante rossa viene “denudata” e rimane solo il suo nucleo, un processo che la rende alla fine una nana bianca. La compagna, che inizialmente era la meno massiva della coppia, diventa ora quella più massiccia e perciò una blu-straggler.
Tuttavia, il metodo di Gosnell è limitato dal fatto che non sarà possibile rivelare quelle nane bianche che sono diventate talmente deboli al punto da non essere più osservabili in banda ultravioletta dal telescopio spaziale Hubble. Ciò vuol dire che potranno essere rivelate solo le nane bianche che si sono formate negli ultimi 250 milioni di anni, ossia quelle stelle più giovani parlando in termini di scale temporali astronomiche.
Conoscere sempre meglio come si sono formate queste stelle diventa di fondamentale importanza poichè gli astronomi utilizzano le loro ipotesi per costruire modelli di popolazioni stellari di galassie distanti, dove cioè la luce che proviene da tutte le stelle diventa un tutt’uno. «Non vogliamo ignorare il 25 percento delle stelle evolute in quelle galassie», dice Gosnell. Tali modelli sono importanti in quanto le galassie distanti sono presenti in vari studi cosmologici. «Proprio ora», aggiunge Gosnell, «ci sono tante opportunità osservative per affinare i modelli».
«Se saremo capaci di descrivere attraverso i modelli il meccanismo del trasferimento di massa, allora potremo mettere insieme osservazioni e teorie e utilizzare queste informazioni per studiare ancora più in dettaglio le popolazioni stellari che non siamo in grado di risolvere, cioè tutte quelle stelle che si trovano nelle galassie distanti», conclude Gosnell.
Il passo successivo sarà ora quello di continuare a studiare questi oggetti sfruttando le capacità osservative del telescopio Harlan J. Smith di 2,7 metri situato presso il McDonald Observatory e del suo spettrografo IGRINS (Immersion GRating INfrared Spectrometer) in modo da poter stimare la percentuale delle blu-straggler che si sono formate a seguito di fusioni nei sistemi stellari tripli.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo su Astrophysical Journal: N. Gosnell et al. 2015 – Implications for the Formation of Blue Straggler Stars from HST Ultraviolet Observations of NGC 188
- Leggi il preprint su arXiv: Implications for the Formation of Blue Straggler Stars from HST Ultraviolet Observations of NGC 188