Questa volta non ha mancato il bersaglio: Akatsuki, il Venus Climate Orbiter dell’agenzia spaziale giapponese lanciato nel maggio 2010 e che nel dicembre dello stesso anno mancò l’ingresso nell’orbita del secondo pianeta del Sistema Solare, ce l’ha fatta. Cinque anni dopo il fallimento che lo ha lasciato alla deriva e ai pericoli dello spazio, la sonda della Japan Aerospace Exploration Agency (JAXA) è tornata su Venere inforcando un’orbita ellittica con un periasse di 400 chilometri sopra la superficie venusiana e un apoasse di 440.000 chilometri. Periodo orbitale: 13 giorni e 14 ore.
Akatsuki è in salute, vola nella stessa direzione di rotazione del pianeta, e soprattutto riapre agli scienziati una finestra sulla densa coltre di nubi che avvolgono Venere, chiusa ormai da un anno con la conclusione della missione dell’agenzia europea Venus Express (vedi MediaINAF).
Tre gli strumenti scientifici che verranno messi in funzione entro aprile 2016: la 2μm camera (IR2), la Lightning and Airglow Camera (LAC) e lo Ultra-Stable oscillator (USO). Altri tre sono già operativi: lo Ultraviolet Imager (UVI), la Longwave IR camera (LIR), e la 1μm camera (IR1). Se tutto va come deve andare presto avremo nuove e interessanti informazioni su quello che gli astronomi chiamano amichevolmente il “gemello” della Terra.
La missione JAXA ha come obiettivo quello di raccogliere informazioni sul clima del pianeta. Akatsuki avrà dunque il compito di analizzare l’atmosfera di Venere con il suo parco strumenti, misurando i raggi infrarossi ad onde corte e quelli ultravioletti.
La missione era stata inizialmente concepita per durare due anni (vedi MediaINAF), oggi siamo già a cinque. Riuscirà nel tempo che viene a scovare informazioni utili a sciogliere uno dei più grandi interrogativi che circondano il pianeta: perché su Venere soffiano venti così forti? Le correnti possono viaggiare fino a 400 chilometri all’ora e sospingere le nubi più alte a vorticare intorno al pianeta in meno di quattro giorni. L’effetto è noto come super-rotazione perché, appunto, l’atmosfera ruota molto più rapidamente rispetto al pianeta. Che impiega invece ben 243 giorni terrestri per compiere una rotazione.