Grazie ad una serie di osservazioni realizzate con i più grandi telescopi terrestri, gli astronomi hanno identificato antiche nubi di gas freddo le cui dimensioni superano quelle delle galassie nell’Universo primordiale. La scoperta è stata presentata al 227esimo meeting dell’American Astronomical Society (AAS) che si sta svolgendo in questi giorni a Orlando, in Florida, mentre l’articolo è pubblicato su Astrophysical Journal Letters.
La ricerca, che è stata guidata da Jeff Cooke della Swinburne University of Technology e da John O’Meara del St. Michael’s College, fornisce nuovi indizi per la soluzione di un vecchio problema che riguarda la natura di alcune particolari nubi di gas note come DLA (Damped Lyman Alpha systems). Gli autori si sono resi subito conto che l’osservazione delle nubi DLA distribuite lungo la linea di vista verso le galassie distanti permette di determinare la loro dimensione analizzando il loro “grado di copertura” a cui è soggetta una determinata galassia.
“Questo nuovo metodo ci permette di identificare inizialmente quelle galassie per cui è maggiore la probabilità che esistano delle nubi di gas DLA lungo la linea di vista e successivamente vengono studiate singolarmente attraverso una serie di osservazioni lunghe e profonde che abbiamo realizzato con i telescopi di 10m dell’osservatorio Keck nelle Hawaii e analizzando i dati forniti dai telescopi di 8m del VLT in Cile”, spiega Cooke. “In particolare, questa tecnica risulterà appropriata per quei telescopi di nuova generazione che avranno specchi di 30m. Infatti, il loro elevato potere esplorativo permetterà di sfruttare al meglio questo approccio in modo da raccogliere in maniera programmata un elevato numero di sistemi DLA”.
Gran parte del gas freddo presente nell’Universo è contenuto nelle nubi DLA. Secondo alcuni modelli, le nubi hanno a disposizione abbastanza gas per formare la maggior parte delle stelle che vediamo oggi nelle galassie come la Via Lattea. Ad ogni modo, si tratta di ipotesi che devono essere ancora confermate. Nonostante ciò, nelle nubi DLA esiste un basso tasso di formazione stellare, il che le rende molto deboli per osservarle direttamente, cioè sfruttando solamente la radiazione che esse emettono. Esse, però, vengono rivelate nel momento in cui si trovano interposte lungo la linea di vista rispetto ad un oggetto più distante e brillante, in quanto lo spettro della radiazione emessa mostra una “impronta digitale” caratteristica.
In precedenza, per identificare le nubi DLA i ricercatori hanno utilizzato i quasar come oggetti di fondo. Ma anche se i quasar possono essere estremamente brillanti, essi sono rari e appaiono relativamente piccoli (il loro diametro è dell’ordine di qualche frazione di anno luce) rispetto alle galassie che sono invece molto più numerose (almeno 100 milioni di volte) in una determinata porzione di cielo.
“Prendendo in considerazione le galassie come oggetti di fondo, si può studiare un numero più elevato di nubi DLA. In questo modo, si può ricostruire una sorta di tomografia tridimensionale della distribuzione delle nubi di gas nell’Universo primordiale che ci permette di completare il nostro quadro sulla formazione e l’evoluzione delle galassie nel corso del tempo cosmico”, conlcude O’Meara.
Per saperne di più:
- Leggi il preprint su arXiv: A New Constraint on the Physical Nature of Damped Lyman Alpha Systems