L’ombra di un buco nero può sembrare una fantasia poetica, una metafora come “il Sole anche di notte” di tolstojana memoria. Ma per il gruppo internazionale di ricercatori che ha pubblicato su Physical Review Letters un nuovo studio teorico, preparatorio all’entrata in funzione della rete di telescopi Event Horizon Telescope (EHT), proprio l’ombra del buco nero al centro della nostra galassia diventerà una realtà concreta e definita, tale da rappresentare il banco di prova ideale per la teoria della relatività generale di Albert Einstein.
Nel corso del suo primo secolo di vita (il centenario cade proprio in queste settimane, essendo stata “svelata” il 25 novembre 1915 e pubblicata sugli Annalen der Physik il 20 marzo 1916), la teoria della relatività generale è stata raffinata e confermata da esperimenti e osservazioni, ma rimane ancora da descrivere compiutamente il comportamento di spazio, tempo e materia laddove le loro condizioni di densità risultano estreme: nell’universo primordiale, o in presenza di cosiddette singolarità dello spazio-tempo, ovvero di buchi neri.
Proprio per riuscire a scattare la prima “fotografia” di un buco nero, è in fase di realizzazione l’Event Horizon Telescope (EHT), una rete di una cinquantina di radiotelescopi sparsi sulla Terra, collegati in modo da ottenere riprese equivalenti a quelle che si otterrebbero avendo a disposizione un unico grande strumento dal diametro pari a quello del nostro pianeta: oltre 12.000 chilometri. Il soggetto prediletto è naturalmente Sgr A* (Sagittarius A star), il buco nero da circa 4 milioni di masse solari che domina il centro della nostra galassia, la Via Lattea.
Nelle aspettative degli scienziati, le riprese dovrebbero essere sufficientemente dettagliate da mostrare quello che potremmo definire un profilo in controluce del buco nero. EHT non potrà, per definizione, vedere la regione centrale di Sgr A*, quanto piuttosto la sua immediata periferia, fino a quella zona di demarcazione nota come orizzonte degli eventi, oltre la quale quale ogni cosa – materia o radiazione – non può più sfuggire all’immensa forza gravitazionale.
«L’obiettivo principale dell’Event Horizon Telescope è quello di scattare la prima foto di un buco nero, che dovrebbe apparire come una regione scura centrale, detta “ombra”, circondata da un anello luminoso», spiega a Media INAF Monica Orienti dell’INAF-ORA di Bologna.
Siccome forma e dimensione di tale “ombra” sono predette con precisione dalla teoria della relatività generale di Einstein, ecco che l’immagine ripresa da EHT, a patto di avere una risoluzione sufficiente, potrà mettere alla prova la validità della teoria. Nel nuovo studio ora pubblicato, i ricercatori hanno dimostrato, calcoli alla mano, che EHT avrà una risoluzione sufficiente a rilevare piccole deviazioni nella dimensione dell’ombra, in modo da potere discriminare tra relatività generale e formulazioni alternative della gravità.
Un risultato che, se raggiunto, sarà davvero unico. «Finora la relatività generale non è mai stata testata in ambienti estremi come quello dei buchi neri», commenta Orienti.
Referenze:
- Il preprint dell’articolo di Tim Johannsen et al., “Testing general relativity with the shadow size of Sgr A*”, pubblicato su Physical Review Letters