Fu un impatto inimmaginabile a regalarci la Luna. Un impatto avvenuto miliardi di anni fa, quando il Sistema solare aveva pressappoco cento milioni di anni. Un impatto fra la Terra – o meglio, una proto-Terra – e Theia, un “proiettile cosmico” di massa pari all’incirca a quella Marte. A seguito della collisione, venne sparata nello spazio un’enorme quantità di materia vaporizzata. Materia che, condensandosi, diede inizialmente origine a un disco attorno alla Terra. Disco dal quale prese a sua volta forma l’attuale Luna.
Per quanto, appunto, inimmaginabile, questo scenario è oramai assodato. Ciò su cui, invece, non c’è ancora accordo è l’origine del materiale presente nel disco. I casi sono tre: arriva per lo più dall’impattore (così gli scienziati chiamano il proiettile Theia), dalla proto-Terra, o è una miscela ben riuscita dei due? La risposta più recente arriva oggi sulle pagine di Science, a firma d’un team internazionale guidato da Edward Young, della University of California Los Angeles (UCLA), e del quale fa parte anche Alessandro Morbidelli, planetologo all’Observatoire de la Côte d’Azur, in Francia.
«Fino all’anno scorso», spiega Morbidelli a Media INAF, «tutte le analisi isotopiche dicevano che, entro un certo margine d’errore, la Luna e la Terra erano indistinguibili. Poi però uscì uno studio nel quale l’autore affermava d’aver risolto la differenza fra la Terra e la Luna. Un risultato importante, perché darebbe informazioni su ciò che è successo all’epoca della formazione del sistema Terra-Luna. Ma Young, il primo autore del nostro paper, ha ripetuto le misure degli isotopi dell’ossigeno. E ha ritrovato di nuovo che non è vero che la differenza fra la Luna e la Terra sia risolta. Troviamo ancora che la Luna e la Terra sono indistinguibili, all’interno per di più di una barra d’errore più piccola di quella che si aveva prima».
Una barra d’errore davvero piccola: le differenze fra l’abbondanza isotopica dell’ossigeno, se ci sono, risultano inferiori a cinque parti su un milione. Dello studio al quale Morbidelli fa riferimento è quello di Herwartz e colleghi., del quale parlammo anche qui su Media INAF. Per verificarne le conclusioni, il team di Young ha preso in esame sette campioni lunari – scelti fra quelli portati a Terra dalle missioni Apollo 12, 15 e 17 – e un meteorite sempre lunare, mettendoli poi a confronto con campioni terrestri. Con esisti alquanto differenti.
«Il nostro risultato non è d’accordo con le conclusioni del Herwartz et al.», scrivono gli scienziati su Science. La spiegazione? «È possibile che la differenza fra i due risultati sia dovuta a una selezione sfortunata del campione», è l’ipotesi che suggeriscono. Ma non c’è il rischio che i campioni delle missioni Apollo s’esauriscano, con tutte queste analisi? «No, nessun pericolo», garantisce Morbidelli a Media INAF, «ormai i metodi d’analisi lavorano sui microgrammi. Quindi, pur essendo metodi distruttivi, quella che consumano è una quantità di materiale irrisoria».
Tutt’altro che irrisoria, invece, la quantità di materiale sparata nello spazio, a seguito dell’impatto, a formare il disco che dicevamo. In che modo i risultati del nuovo studio potrebbero dunque aiutare a sciogliere l’enigma della sua provenienza? «Secondo le simulazioni, il materiale del disco proverrebbe prevalemente dall’impattore, però il fatto che la Luna e la Terra siano così identiche», osserva Morbidelli, «non è compatibile con quest’ipotesi: un impattore identico alla Terra non lo troveremo mai. Confrontando gli isotopi dell’ossigeno, tutti gli altri corpi celesti – asteroidi, pianeti – risultano diversi dalla Terra, dunque questa lettura non avrebbe senso».
E allora? «E allora i casi sono due. O, in realtà, è stata espulsa nello spazio più materia terrestre di quanto le simulazioni non mostrino, oppure è avvenuto un processo di ridistribuzione isotopica fra il materiale terrestre e il materiale in orbita intorno alla Terra. Ormai le barre d’errore sono ridicolmente piccole, dunque sembra proprio che il materiale terrestre e il materiale protolunare siano la stessa cosa».
Per saperne di più:
- Leggi su Science l’articolo “Oxygen isotopic evidence for vigorous mixing during the Moon-forming giant impact”, di Edward D. Young, Issaku E. Kohl, Paul H. Warren, David C. Rubie, Seth A. Jacobson e Alessandro Morbidelli