Roy Kerr, classe 1934, il matematico neozelandese che ha dato il suo nome niente meno che alla geometria dello spazio-tempo attorno ai buchi neri in rotazione (la metrica di Kerr), congiuntamente all’astronomo britannico Roger Blandford, ha vinto quello che potremmo considerare il Premio Nobel per l’astronomia.
Kerr e Blanford sono stati infatti selezionati dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze come destinatari del Premio Crafoord per l’astronomia 2016, “per il loro fondamentale lavoro sui buchi neri in rotazione e le loro conseguenze astrofisiche”, come recitano le motivazioni del premio. I due scienziati verranno insigniti dell’onorificenza – assieme al russo Yakov Eliashberg, vincitore del Premio Crafoord per la Matematica 2016 – in una cerimonia che si svolgerà il 26 maggio a Stoccolma, durante la quale condivideranno anche un assegno da 6 milioni di corone svedesi, circa 650.000 euro.
Il premio Crafoord, istituito nel 1980 dall’industriale Holger Crafoord, vuole riconosce risultati particolarmente rilevanti in quattro ambiti scientifici non specificamente già oggetto del Premio Nobel: astronomia e matematica, scienze geologiche, scienze biologiche, e studi sulla poliartrite, malattia di cui lo stesso Crafoord soffriva. Il premio viene assegnato, a turno, per un solo ambito ogni anno.
La previsione dell’esistenza dei buchi neri è forse uno dei risultati più esotici della Teoria della relatività generale. Presentata da Albert Einstein nel novembre del 1915, tale teoria descrive la gravità come una proprietà geometrica dello spazio-tempo: tutti gli oggetti dotati di massa curvano lo spazio-tempo, creando delle “buche”, tanto più profonde quanto più grande è la massa del corpo che le determina. Un cosiddetto buco nero è in realtà un particolare tipo di corpo celeste, la cui massa è così grande che nulla di ciò che oltrepassa la soglia di non ritorno della sua “buca” può sfuggire, nemmeno la luce.
Nonostante l’apparente contraddizione con il loro nomignolo, i buchi neri sono la più potente fonte di radiazione dell’universo, emettendo getti estremamente energetici che possono estendersi per molte migliaia di anni luce nello spazio. Il lavoro teorico di Roger Blandford negli anni ’70 ha permesso di descrivere i processi violenti che stanno dietro questi fenomeni, provocati dalla trasformazione della energia rotazionale dei buchi neri di grande massa. Una ricerca di cui gettò le basi proprio Roy Kerr quando, nel 1963, scoprì una descrizione matematica per i buchi neri rotanti, riuscendo a trovare la difficile soluzione alle equazioni di campo Einstein per questi corpi. Una scoperta che rimane tuttora tra i più importanti risultati teorici conseguiti dalla cosmologia moderna.
Il riconoscimento del fondamentale lavoro di Roy Kerr non arrivò subito. In un’intervista che l’INAF gli fece nel 2009 per la mostra “Astri e Particelle”, Kerr ricorda il termine relativistic rubbish, spazzatura relativistica, con cui venivano definite all’inizio le sue equazioni.
«Ero a questo convegno», ricordava Kerr ai nostri microfoni, «e stavo illustrando quello che doveva essere, stando alla mia soluzione, lo stadio finale di un collasso stellare. Attorno alle stelle, spiegavo, ci può essere della materia che ci cade dentro, rilasciando parecchia energia. Bene: agli astrofisici e agli astronomi sembrava non interessare affatto. Nemmeno mi ascoltavano. Pensavano fossero stupidaggini, stupidaggini relativistiche».
Qualcuno, però, aveva ascoltato, e capito. «Alla fine della mia esposizione, un teorico molto famoso si alzò in piedi e, agitando il pugno verso la platea di astronomi, disse: “Ma come? Questo ragazzo ha trovato quello che abbiamo cercato per 40 anni: dovreste ascoltarlo!”. Ma loro non volevano saperne. Ora che sono trascorsi altri 40 anni, quando mi capita di partecipare a un convegno con astronomi, tutti vogliono incontrarmi. I tempi sono cambiati».
«Il lavoro di Kerr ha avuto applicazioni in diversi campi dell’astrofisica, come lo studio dei buchi neri massicci ospitati nei nuclei delle galassie o, più recentemente, nello studio dei lampi di raggi gamma, connessi con le più potenti esplosioni stellari mai osservate nell’universo», commenta Massimo Della Valle, direttore dell’Osservatorio astronomico INAF di Capodimonte, a Napoli. «Il premio Crafoord per l’astronomia è stato assegnato in passato a: Lyman Spitzer, Allan Sandage, Martin Rees, James Gunn, James Peebles, Fred Hoyle, Edwin Salpeter, Rashid Sunyaev, Reinhard Genzel, Andrea Gehz».
Proprio all’Osservatorio astronomico di Napoli, nel luglio 2012, Roy Kerr ha tenuto una lectio magistralis, occasione in cui Media INAF lo ha nuovamente intervistato (il video si può vedere qui sotto). All’Osservatorio lo scienziato aveva voluto lasciare anche una copia del suo storico articolo, due scarne paginette, autografate con il viatico “Astrophysics holds the key to the future”, l’astrofisica è la chiave per il futuro. Un ottimo slogan, per un grandissimo matematico.