Qualcuno ha scritto “così diversi eppure così simili, così lontani eppure così vicini”. Ed è proprio così che dobbiamo immaginarci i pianeti simili alla Terra fuori dal Sistema solare. Sembrerebbe, infatti, che gli esopianeti rocciosi abbiano una struttura interna ed esterna simile a quella del pianeta sul quale viviamo. E si tratta della struttura che tutti noi studiamo sin dalle elementari: una crosta relativamente sottile che avvolge un mantello spesso, che a sua volta protegge un caldissimo nucleo di magma fuso (delle dimensioni di Marte). Un recente studio ha fatto luce sulle somiglianze sorprendenti tra la Terra e altri esopianeti rocciosi fuori dal nostro “vicinato”: la struttura interna è universale (almeno così sembra).
«Volevamo vedere come questi pianeti rocciosi sono fatti all’interno e si scopre che sono molto simili alla Terra», dice l’autore dello studio Li Zeng, dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA). Per arrivare a questa conclusione Zeng e i suoi colleghi hanno applicato un modello computerizzato conosciuto come PREM (Preliminary Reference Earth Model), cioè il modello standard (e di riferimento per tutta la comunità geofisica) usato per studiare l’interno della Terra. Il team di ricerca ha adattato questo standard a diverse masse e composizioni per applicarlo a sei esopianeti rocciosi noti e di cui conosciamo sia la massa che le dimensioni.
Cosa hanno scoperto? Nonostante le evidenti differenze con la Terra, questi pianeti extrasolari sono dotati tutti di un nucleo di nickel e ferro pari al 30% dell’intera massa del pianeta. Per il resto, i pianeti sono formati – come il nostro – dal mantello e dalla crosta. Insomma, “nulla di nuovo sotto il Sole”. Con le nuove tecniche a disposizione degli astrogeologi sarà possibile studiare meglio questi pianeti, anche se per adesso è ovviamente impossibile raggiungerli con sonde o astronavi.
Le somiglianze con la Terra le troviamo nell’abbondanza di elementi chiave come ferro, magnesio, silicio e ossigeno anche in sistemi vicini al nostro. Tuttavia, pianeti che si formano in regioni della galassia più o meno ricche di metalli potrebbero mostrare strutture interne diverse. Il modello computerizzato può essere applicato anche a pianeti ghiacciati più piccoli, come lune e pianeti nani fuori dal Sistema solare. Il team risponderà a queste domande con ricerche future.
Per saperne di più:
- Leggi lo studio accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal, “Mass-Radius Relation for Rocky Planets based on PREM”, di Li Zeng, Dimitar Sasselov e Stein Jacobsen