Cerere, il più grande oggetto della fascia degli asteroidi tra Marte e Giove e anche il più vicino pianeta nano, sembra mostrare tracce di attività sulla sua superficie, differenziandosi dagli altri corpi celesti che lo circondano. Lo suggeriscono le bellissime immagini ad alta risoluzione della sonda Dawn pubblicate nel dicembre scorso su Nature e, ora, un nuovo studio con telescopi da terra guidato da un gruppo di astronomi dell’INAF.
Quasi un anno fa, la sonda Dawn raggiungeva Cerere e da allora, in orbita stabile attorno al corpo celeste, ne sta perlustrando la superficie e investigando le proprietà fin nei più piccoli dettagli. Già le prime immagini ravvicinate rivelarono una costellazione di macchie particolarmente brillanti e in particolare quelle localizzate nel cratere Occator (diametro 92 km), come si può vedere dalla mappa di Cerere riprodotta qui a sinistra.
Nell’ articolo su Nature, Nathues e collaboratori affermano che l’ aspetto delle aree luminose localizzate nel cratere Occator sarebbe consistente con la presenza di solfati idrati di magnesio. Sul fondo del cratere ci sarebbe qualcosa che fuoriesce dall’interno e che sublimerebbe producendo una foschia con carattere periodico, cioè che appare e scompare nel giro di poche ore. La figura a destra mostra una opacità diffusa che riempie il cratere Occator alla sua alba, ma che scompare quasi completamente al crepuscolo.
«Non appena la sonda Dawn ha rivelato l’esistenza misteriosa dei punti luminosi sulla superfice di Cerere ho subito pensato a possibili effetti misurabili dalla Terra » dice Paolo Molaro, ricercatore INAF presso l’Osservatorio Astronomico di Trieste e primo autore dello studio, pubblicato oggi online sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters. « Cerere infatti riflette la radiazione elettromagnetica solare e i punti luminosi, ruotando come un faro, devono produrre delle distorsioni in velocità radiale nello spettro della luce solare riflessa. I calcoli mostravano che queste distorsioni dovevano essere molto piccole, dell’ordine del metro al secondo, ma comunque nelle possibilità di strumenti ad alta precisione come lo spettrografo HARPS al telescopio ESO da 3.6 metri a La Silla, in Cile, o il suo gemello HARPS-N al Telescopio Nazionale Galileo sull’isola di La Palma alle Canarie. Così, con un programma espressamente approvato dal direttore dell’ESO (Director Discretionary Time), abbiamo osservato Cerere con HARPS per poco più di due notti il 31 luglio e il 26-27 agosto 2015. Sulla base dell’esperienza accumulata negli ultimi anni in osservazioni di altri oggetti simili ci aspettavamo che Cerere mostrasse delle variazioni nella velocità radiale dello spettro solare riflesso con una variabilità uguale al suo periodo di rotazione, che è di poco più di nove ore».
« Il risultato invece è stato sorprendente » aggiunge Antonino Lanza, dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania e coautore dello studio. « Abbiamo trovato le variazioni di velocità radiale dello spettro solare riflesso, ma con notevoli variazioni da una notte all’altra. Dopo aver scartato una dopo l’altra diverse ipotesi, abbiamo concluso, non conoscendo ancora i risultati di Dawn, che l’effetto osservato potesse essere dovuto alla presenza di sostanze volatili che evaporano sotto l’azione della radiazione solare. Quando la rotazione di Cerere le porta sul lato illuminato dal Sole esse sublimano, formando macchie che riflettono la luce solare in modo molto efficace. Evaporando rapidamente, esse perdono potere riflettente e producono la variazione osservata in velocità radiale. Questo effetto cambia però da una notte all’altra, dando luogo ad un andamento non riproducibile».
Se questa interpretazione fosse confermata, Cerere avrebbe una natura significativamente diversa da Vesta e dagli altri asteroidi della fascia principale. È un corpo celeste che, pur essendo isolato e lontano dall’azione diretta di altri pianeti, potrebbe avere una propria attività interna. Sappiamo che Cerere nasconde al proprio interno grandi riserve di acqua, ma non sappiamo se è proprio l’acqua il materiale che affiora in superficie né tantomeno quale sia la sorgente di energia che ne permetterebbe la continua fuoriuscita. Su questi enigmi e sulla natura del materiale riflettente, la missione Dawn riuscirà forse a far luce nei prossimi mesi e la tecnica della misura delle velocità radiali permetterà di monitorare questo ciclo di attività anche dopo la fine della missione spaziale.
Per saperne di più:
- leggi l’articolo Daily variability of Ceres’ Albedo detected by means of radial velocities changes of the reflected sunlight di Paolo Molaro, Antonino Lanza, Lorenzo Monaco, Federico Tosi, Gaspare Lo Curto, Marco Fulle, Luca Pasquini pubblicato online su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters