Dopo il decollo è stato ribattezzato Hitomi, che in giapponese significa ‘pupilla’. E sarà davvero un’estensione dei nostri occhi nello spazio, un nuovo osservatorio orbitante per “guardare” l’universo come i nostri sensi non possono proprio spingersi. La missione ASTRO-H è stata infatti pensata per osservare il cielo nella finestra dei raggi X, fino a spingersi ai raggi gamma. Il razzo vettore che ha spinto Hitomi in orbita si è staccato stamattina dal centro spaziale Tanegashima a Kagoshima, in Giappone, alle 9 e 45 ora italiana. Per conoscere qualche informazione in più, abbiamo intervistato Luigi Piro, astrofisico dell’INAF-IAPS.
«La missione è guidata dalla JAXA, l’agenzia spaziale giapponese, con una partecipazione importante della NASA ma anche una piccola partecipazione dell’Agenzia Spaziale Europea» dice Piro. «ASTRO-H segue una serie di missioni dedicate allo studio dell’universo nella regione dei raggi X e porta a bordo una serie di strumenti, “occhi” sensibili ai raggi X fra cui spicca uno strumento in particolare, lo SXS (Soft X-ray Spectrometer, il cui sensore d’avanguardia lavora a bassissime temperature: -270 Celsius, un valore vicino cioè allo zero assoluto. Questo strumento ci permetterà di analizzare le proprietà dei raggi X – potremmo dire il loro colore – con una sensibilità unica rispetto agli strumenti precedenti».
Quali saranno gli obiettivi scientifici di questa missione?
«Grazie alle caratteristiche uniche del carico scientifico di ASTRO-H, potremo studiare e capire alcuni importanti proprietà di strutture presenti nell’universo, come le grandi masse calde che permeano la nostra Galassia e le galassie sia vicine che più lontane, o i buchi neri massicci che nelle loro esplosioni emettono fiotti di materia che viene riscaldata a temperature così elevate da produrre raggi X, solo per citare qualche esempio. Con ASTRO-H si apre una nuova finestra osservativa nella regione dei raggi X che permette di studiare con grande precisione quello che noi chiamiamo la frequenza della radiazione nei raggi X, ovvero l’energia di queste onde elettromagnetiche. Questo ci permetterà di capire lo stato fisico e chimico del materiale nello spazio, fino ai confini dell’universo».
E dopo questa missione?
«Lo strumento SXS, a cui ho accennato, è anche una sorta di banco di prova operativo per una nuova tecnologia con cui è stato realizzato il suo rivelatore. La sua fioritura completa la avremo con la missione Athena, il grande osservatorio nei raggi X dell’Agenzia Spaziale Europea, in cui noi italiani siamo leader insieme a colleghi europei, dove questa tecnologia verrà portata allo stato dell’arte. Tanto è vero che i colleghi giapponesi e statunitensi che lavorano sullo strumento di ASTRO-H fanno anche parte della collaborazione scientifica di Athena».