Un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge e della Queen Mary University di Londra ha dimostrato che un buco nero di forma bizzarra potrebbe mettere in crisi la relatività generale, una delle colonne portanti della fisica moderna.
Tuttavia, tale oggetto potrebbe esistere solo in un universo con cinque o più dimensioni. Nello studio i ricercatori hanno simulato con successo l’evoluzione di un buco nero con la forma di un anello molto sottile. I risultati mostrano che questo “anello nero” evolverebbe in una serie di rigonfiamenti collegati tra loro da filamenti che diventano sempre più sottili al passare del tempo. Questi filamenti potrebbero diventare così sottili da staccarsi formando una serie di buchi neri più piccoli, come accade a un filo d’acqua che esce da un rubinetto e si assottiglia fino a separarsi in singole gocce.
L’esistenza di buchi neri di forma anulare è stata ipotizzata nel 2002, e questa è la prima volta che si è riusciti a simulare la loro dinamica. Se questo tipo di buco nero si formasse, darebbe vita a una singolarità in grado di mettere in crisi le equazioni della relatività generale. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review Letters.
La relatività generale sta alla base della nostra attuale comprensione della gravità: dalla stima dell’età delle stelle nell’Universo ai segnali GPS a cui ci affidiamo per trovare la strada di casa, tutto si basa sulle equazioni di Einstein. Questa teoria ci dice che la materia deforma lo spazio-tempo che la circonda, e ciò che noi chiamiamo “forza di gravità” non è altro che l’effetto di quella deformazione. Nei 100 anni che sono trascorsi dalla sua pubblicazione, la relatività generale ha superato tutti i test a cui è stata sottoposta, ma uno dei suoi limiti è l’esistenza delle singolarità.
La singolarità è un punto in cui la gravità è così intensa da sconvolgere spazio, tempo e le leggi della fisica come le conosciamo. La teoria di Einstein prevede che all’interno di un buco nero ci sia una singolarità circondata dall’orizzonte degli eventi, ovvero il “punto di non ritorno” oltre il quale la forza di gravità diventa tale da impedire la fuga di qualunque cosa, anche della luce.
«Finché le singolarità rimangono confinate all’interno di un orizzonte degli eventi, non comportano problemi alla relatività generale. L’ipotesi della cosiddetta censura cosmica sostiene che questo avviene sempre», spiega Markus Kunesch, co-autore dello studio e dottorando a Cambridge. Infatti, stando a quanto afferma la censura cosmica debole, formulata da Roger Penrose nel 1969, nessuna singolarità dell’Universo può esistere al di fuori del proprio orizzonte degli eventi, escluso il Big Bang. «Fintanto che la censura cosmica è valida, siamo in grado di prevedere il futuro al di fuori dei buchi neri. In definitiva quel che cerchiamo di fare nella fisica è determinare le sorti di un sistema a partire dalle sue proprietà in un dato momento».
Ma che cosa succederebbe se una singolarità esistesse anche al di fuori dell’orizzonte degli eventi? I fisici teorici hanno ipotizzato che un oggetto simile, chiamato “singolarità nuda”, potrebbe esistere in dimensioni superiori. «Se esistono le singolarità nude, la relatività generale fallisce», spiega Saran Tunyasuvunakool, co-autore dello studio. «E se questo dovesse succedere, dovremmo rimettere tutto in discussione, perché la relatività perderebbe le sue capacità predittive e non potrebbe più essere considerata una teoria in grado di spiegare l’Universo».
Quando pensiamo all’Universo lo immaginiamo in quattro dimensioni: le tre spaziali e la quarta temporale, come indicato nella teoria della relatività. Ma, ad esempio, secondo la teoria delle stringhe l’Universo potrebbe essere costituito da un numero molto maggiore di dimensioni, in alcuni casi anche 11. Le dimensioni aggiuntive potrebbero appartenere a scale molto grandi, oppure essere molto piccole e “chiuse” su loro stesse. La teoria di Einstein, inoltre, non indica quante dimensioni ci siano nell’Universo, e quindi i fisici teorici hanno studiato la relatività generale in dimensioni superiori, per vedere se la censura cosmica rimanga valida.
Utilizzando il supercomputer COSMOS i due ricercatori di Cambridge insieme al primo autore dello studio, Pau Figueras della Queen Mary University sono riusciti ad effettuare una simulazione della teoria di Einstein sviluppata in dimensioni superiori. La simulazione ha permesso di verificare che questi anelli neri sono instabili e di identificare il loro destino finale. Nella maggior parte dei casi, una struttura ad anello di questo tipo tende a collassare verso una forma sferica, tornando a collocarsi all’interno del proprio orizzonte degli eventi. Nel caso di un anello molto sottile, l’oggetto diventa sufficientemente instabile da formare rigonfiamenti collegati tra loro da filamenti sempre più sottili. Col passare del tempo questi filamenti finiscono per rompersi e si forma una singolarità nuda.
«Nonostante la tecnologia avanzi sempre di più, con le simulazioni della relatività di Einstein in dimensioni superiori ci stiamo spingendo ai limiti di ciò che siamo in grado di fare con un computer», spiega Tunyasuvunakool. «Se la censura cosmica non è più valida in cinque dimensioni, dobbiamo capire cosa c’è di così speciale in un Universo a quattro dimensioni».
L’ipotesi di censura cosmica è ampiamente prevista nel nostro Universo quadri-dimensionale, ma se dovesse essere smentita, occorrerebbe identificare un modo alternativo di spiegare tutto ciò che ci circonda. Una possibilità potrebbe risiedere nella gravità quantistica, che approssima le equazioni di Einstein lontano dalle singolarità, ma fornisce anche una descrizione nuova della fisica vicino alla singolarità.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “End Point of Black Ring Instabilities and the Weak Cosmic Censorship Conjecture” di Pau Figueras, Markus Kunesch e Saran Tunyasuvunakool