Alzi la mano chi non sognerebbe di avere un orologio che “accelerasse” di meno di 100 miliardesimi di secondo ogni anno. Un valore piccolissimo, tanto che per accumulare solo un secondo di errore bisognerebbe aspettare più di 10 milioni di anni. Questo “orologio” in realtà esiste: è un particolare oggetto celeste a circa 2000 anni luce da noi, che emette con estrema regolarità impulsi di raggi X. Un osservato speciale da molti anni ormai per un team di ricercatori italiani dell’INAF, che hanno appunto misurato con grande precisione il suo comportamento, grazie all’analisi di osservazioni da telescopi orbitanti accumulate in oltre 20 anni. Un’indagine certosina che ha permesso loro di scoprire, con una certa sorpresa, la piccolissima ma costante tendenza di questo corpo celeste ad accelerare la frequenza di emissione di questi segnali in banda X.
«Da una quarantina d’anni sappiamo che HD 49798, che appartiene ad una classe di stelle piuttosto rare – ha infatti un temperatura superficiale quasi quattro volte più alta di quella del Sole ma una massa circa uguale – doveva avere una compagna» racconta Sandro Mereghetti, il ricercatore dell’INAF che ha coordinato lo studio in pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Tuttavia ci sono volute le osservazioni di telescopi spaziali nella banda delle alte energie, come ROSAT prima e XMM-Newton poi, per permetterci di scoprire un’emissione di raggi X, che varia regolarmente con un periodo di circa 13 secondi. Questa “pulsazione” deve essere prodotta dalla rotazione di una stella, e le uniche in grado di ruotare così velocemente sono solo le nane bianche e le stelle di neutroni. Quindi la compagna di HD 49798 deve essere una stella di questo tipo».
Questo era il quadro che emergeva a fine del 2009, quando Mereghetti e il suo team avevano presentato i risultati del loro lavoro in un articolo sulla rivista Science. Le ricerche su questo sistema binario non si sono però fermate: il gruppo di ricercatori ha condotto ulteriori indagini sulla misteriosa stella compagna di HD49798, denominata RX J0648. Grazie ad ulteriori e più raffinate elaborazioni dei dati di tutte le osservazioni comprese tra il 1992 e il 2014, è finalmente emerso in modo inequivocabile che il periodo di rotazione di RX J0648 sta progressivamente diminuendo. In altre parole, la rotazione di questo oggetto celeste diventa sempre più veloce con il passare del tempo. Certo, l’accelerazione è davvero piccolissima: meno di un decimo di microsecondo (ovvero un decimilionesimo di secondo) all’anno, ma con un andamento estremamente regolare durante l’arco degli ultimi vent’anni, rendendola una sorgente davvero sui generis.
Ma cos’è che può causare questo piccolo e costante aumento della velocità di rotazione di RX J0648? Molto probabilmente la materia che cade su di essa, in gran parte composta da gas strappato alla stella compagna HD 49798. Qualcosa però sembra ancora non tornare: considerando questo scenario, l’accrescimento di materia che sperimenterebbe RX J0648 dovrebbe provocare una luminosità nei raggi X ben maggiore di quella osservata.
«Quello di HD 49798/RX J0648 è un sistema binario con caratteristiche uniche, diverso da tutti quelli che contengono altre pulsar X finora conosciuti» commenta Fabio Pintore, anch’egli ricercatore dell’INAF e tra i coautori dello studio. «La difficoltà di spiegare con lo stesso modello teorico la bassa luminosità nei raggi X e l’accelerazione della rotazione indica che ci sono ancora molti aspetti poco conosciuti nella fisica dell’accrescimento sugli oggetti compatti. Sicuramente continueremo a tastare il polso di HD 49798/RX J0648 nei prossimi anni, ma per investigare meglio questi fenomeni sarà fondamentale la grande sensibilità e risoluzione spettrale di nuovi telescopi X come Athena».
Per saperne di più:
- leggi l’articolo Discovery of spin-up in the X-ray pulsar companion of the hot subdwarf HD 49798 di Sandro Mereghetti, Fabio Pintore, Paolo Esposito, Nicola La Palombara, Andrea Tiengo, Gian Luca Israel, Luigi Stella accettato per la pubblicazione sulla rivista Mothly Notices of the Royal Astronomical Society