Poco per volta, la missione Rosetta dell’ESA ci sta svelando tutti i segreti della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. La notizia di questi giorni è che, grazie a una serie di dati raccolti dalla sonda, è stato possibile risolvere un dibattito che durava da decenni circa la natura del ghiaccio all’interno delle comete.
Fino ad ora avevamo due ipotesi contrapposte: una sostiene che il ghiaccio all’interno delle comete si debba presentare in forma cristallina, e che quindi le molecole d’acqua siano disposte in maniera regolare, l’altra invece sostiene che il ghiaccio cometario sia amorfo, e le molecole d’acqua si presentino disordinate. Ottenere una risposta univoca a questa domanda è di fondamentale importanza, poiché ha forti implicazioni sull’origine e la formazione delle comete e del sistema solare.
Un team internazionale di scienziati, guidato da un ricercatore del Laboratoire d’Astrophysique de Marseille (LAM, il Laboratorio di Astrofisica di Marsiglia) in Francia, ha analizzato i dati provenienti dallo strumento ROSINA a bordo della sonda Rosetta, scoprendo che il ghiaccio presente sulla cometa 67P ha forma cristallina. Questo implica che la cometa si è formata insieme al Sistema solare, e non in precedenza, all’interno della nube di gas interstellare. L’articolo che presenta i risultati di questo lavoro sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista The Astrophysical Journal Letters.
Lo strumento ROSINA, utilizzato per sondare la natura del ghiaccio della cometa, è uno spettrometro di massa che ha raccolto informazioni circa le abbondanze di azoto molecolare (N2), monossido di carbonio (CO) e argon (Ar) nel ghiaccio cometario. I dati sono stati confrontati con quelli provenienti da esperimenti di laboratorio su ghiaccio amorfo, e successivamente con modelli che descrivono la composizione degli idrati gassosi, un tipo di ghiaccio cristallino in cui le molecole d’acqua possono intrappolare quelle di alcuni gas. I rapporti N2 e CO e tra Ar a CO osservati sulla cometa 67P corrispondono a quelli trovati nel modello degli idrati gassosi, e la quantità di argon è cento volte inferiore a quella che può essere intrappolata nel ghiaccio amorfo. Il ghiaccio presente sulla cometa 67P ha quindi senza dubbio una struttura cristallina.
Questa è una scoperta estremamente importante, poiché questo risultato ci permette di determinare quando si sono formate le comete, e quindi di stimarne l’età. Gli idrati gassosi sono composti di ghiaccio cristallino che si è formato nella nebulosa protosolare, quella dalla quale ha preso forma il Sistema solare. Nello specifico, gli idrati gassosi si formano dalla cristallizzazione dei granuli di ghiaccio d’acqua e dall’assorbimento delle molecole di gas sulle loro superfici durante il raffreddamento della nebulosa. Se, come sembra, le comete contengono ghiaccio cristallino, ciò significa che devono essersi formate insieme al Sistema solare, e non in un momento precedente, all’interno del mezzo interstellare, come era stato ipotizzato in passato. La struttura cristallina delle comete mostra anche che la nebulosa protosolare era abbastanza calda e densa da far sublimare il ghiaccio amorfo presente nel mezzo interstellare. Per poter produrre le abbondanze osservate, gli idrati gassosi agglomerati dalla cometa 67P devono essersi formati in un intervallo di temperature comprese tra -228° C e -223° C. Questo lavoro apre anche nuovi scenari per i modelli di formazione dei pianeti giganti, così come per le loro lune ghiacciate.
«Grazie ai dati di Rosina, abbiamo numerose prove del fatto che i gas osservati sono stati rilasciati da idrati gassosi e non ghiaccio amorfo», spiega a Media INAF Jonathan Lunine, secondo autore dello studio e professore presso la Cornell University. «I risultati di questo studio suggeriscono quindi la possibilità che nella nebulosa da cui si è poi formato il Sistema solare il ghiaccio sia stato riscaldato a sufficienza da trasformare il ghiaccio amorfo in cristallino. Uso il verbo ‘suggerire’ perché è anche possibile che i ghiacci della cometa fossero inizialmente amorfi e siano diventati cristallini in un secondo momento, ma questo scenario mi sembra estremamente più complesso e quindi meno probabile.
«Se la nostra deduzione è valida per la maggior parte del ghiaccio presente nella nebulosa, allora ci aspettiamo ad esempio che gli idrati gassosi dominassero rispetto al ghiaccio amorfo anche nel caso dell’involucro di materia da cui si è formato Giove, che ha plasmato un gran numero di planetesimi. Vale a dire che ci aspettiamo abbondanze specifiche per elementi come ossigeno, carbonio e gas nobili, e potremo testare queste previsioni con i dati che ci arriveranno tra qualche mese dalla sonda Juno. Grazie a Juno raccoglieremo informazioni preziose sugli strati più profondi di Giove, e quindi anche i valori di queste abbondanze. Sono un co-investigator di questa missione e non vedo l’ora che arrivi il 4 luglio di quest’anno!», conclude Lunine.
Per saperne di più:
- Leggi l’articolo “A protosolar nebula origin for the ices agglomerated by Comet 67P/Churyumov-Gerasimenko” di O. Mousis, J. I. Lunine, A. Luspay-Kuti, T. Guillot, B. Marty, M. Ali-Dib, P. Wurz, K. Altwegg, A. Bieler, M. Hässig, M. Rubin, P. Vernazza e J. H. Waite