Un nuovo studio teorico ha risolto alcune questioni ancora aperte riguardo le galassie nane, in particolare sul tasso di formazione di nuove stelle e sull’origine delle galassie nane sferoidali isolate. Lo studio, condotto da un gruppo di ricerca internazionale tutto al femminile, è stato pubblicato su Astronomy & Astrophysics eporta la prima firma di Tjitske Starkenburg, dottoranda del Kapteyn Astronomical Institute di Groningen, in Olanda.
Una delle principali previsioni del modello standard della cosmologia attualmente in voga, noto come modello Lambda Cold Dark Matter, è che le galassie sono incorporate in aloni molto estesi e massicci di materia oscura. Questi grandi aloni sono circondati da molte migliaia di cosiddetti sotto-aloni più piccoli, pure loro composti di materia oscura.
Quello che succede è che attorno alle galassie più estese, come la Via Lattea, questi sotto-aloni di materia oscura sono abbastanza grandi da ospitare sufficienti quantità di gas e polveri per formare a loro volta piccole galassie; alcune di queste sorelle minori, conosciute come galassie satelliti, sono state effettivamente osservate.
Le galassie satelliti possono orbitare per miliardi di anni attorno alla loro galassia ospite prima di venire inesorabilmente incorporate. Questa fusione apporta alla galassia centrale grandi quantità di materiale “fresco”, sotto forma di gas e stelle, innescando episodi violenti di formazione stellare (starburst), proprio a causa dell’eccesso di gas introdotto dalla galassia compagna. Un processo che, a causa dell’interazione gravitazionale, può indurre profondi mutamenti nella morfologia della galassia ospite.
Aloni centrali più piccoli danno invece origine a galassie nane, attorno a cui orbiteranno sotto-aloni satelliti di materia oscura, con dimensioni troppo piccole per potere incorporare gas o stelle. Questi batuffoli di materia oscura risulteranno dunque completamente invisibili ai telescopi. Per dimostrarne l’esistenza, si può cercare di osservare la loro interazione con la galassia ospite. Ma cosa dobbiamo aspettarci di vedere?
Nel loro recente lavoro, i ricercatori hanno presentato una nuova analisi delle simulazioni al computer che permettono di studiare l’interazione di una galassia nana con un “satellite oscuro”, scoprendo che, a un certo punto dell’avvicinamento fra i due, la gravità di quest’ultimo comprime il gas presente nella galassia nana, innescando episodi significativi di starburst. Episodi di formazione stellare che possono durare molto a lungo, anche diversi miliardi di anni, a seconda dei valori di massa, orbita e concentrazione del sotto-alone satellite di materia oscura.
Secondo questo scenario, molte delle galassie nane che possiamo analizzare oggi dovrebbero stare formando stelle a un tasso superiore a quello ascrivibile alla sola componente di materia galattica, il che è esattamente ciò che le osservazioni al telescopio hanno riscontrato.
Inoltre, analogamente alle fusioni tra galassie più massicce, l’interazione tra la galassia nana e il satellite oscuro innesca modificazioni morfologiche della galassia nana, che può cambiare completamente la sua struttura, da prevalentemente a disco sagomato verso una conformazione sferica/ellittica. Questo meccanismo, secondo i ricercatori, offre quindi una spiegazione plausibile anche per l’origine delle galassie nane sferoidali isolate, un mistero che è rimasto irrisolto per diversi decenni.