Sola soletta nell’Universo e “ignorata” dalle altre galassie. Così potremmo descrivere la galassia solitaria nota come Wolf-Lundmark-Melotte, o WLM in breve, catturata in questa immagine dallo strumento OmegaCAM, una camera a grande campo montata sul telescopio VST (VLT survey Telescope) dell’ESO in Cile – un telescopio da 2,6 metri di diametro realizzato dall’Osservatorio Astronomico di Capodimonte dell’INAF. I 32 rivelatori CCD di OmegaCAM producono immagini da 256 megapixel, fornendo immagini molto dettagliate del cosmo. Anche se viene considerata parte del nostro Gruppo Locale, formato da qualche decina di galassie, WLM se ne sta solinga al bordo del gruppo, uno dei membri più remoti. Infatti, la galassia è così piccola e isolata che probabilmente non ha mai interagito con le altre galassie del Gruppo Locale – o forse addirittura con nessun’altra galassia nella storia dell’Universo.
Gli esperti hanno puntato il VST in direzione di WLM perché ci offre una rara veduta della natura primordiale delle galassie quasi indisturbate dal loro ambiente. La galassia è stata scoperta nel 1909 dall’astronomo tedesco Max Wolf e identificata come tale circa quindici anni dopo dagli astronomi Knut Lundmark e Philibert Jacques Melotte – il che spiega il particolare nome della galassia. Questo oggetto si trova nella costellazione della Balena a circa tre milioni di anni luce dalla Via Lattea, una delle tre spirali dominanti nel Gruppo Locale.
WLM è piccola e senza una struttura precisa, il che spiega la classificazione come galassia nana irregolare. WLM misura circa 8000 anni luce nella sua dimensione massima, una misura che include anche un alone di stelle molto vecchie scoperte nel 1996. Gli astronomi pensano che galassie relativamente piccole e primordiali abbiano interagito gravitazionalmente le une con le altre e in molti casi si siano fuse, costruendo le galassie composite più grandi. Nel corso di miliardi di anni, questo processo di fusione ha formato le grandi spirali e ellittiche che vediamo comunemente nell’Universo moderno. Le galassie che si assemblano in questo modo assomigliano alle migrazioni delle popolazioni umane che nel corso di migliaia di anni si sono spostate e mescolate in insediamenti sempre più grandi, dando luogo alle megalopoli odierne.
Invece WLM si è sviluppata da sola, lontana dall’influsso delle altre galassie e delle loro popolazioni stellari. Di conseguenza, come una popolazione umana con contatti limitati con l’esterno, WLM rappresenta uno “stato di natura” relativamente non perturbato, dove i cambiamenti avvenuti durante la sua esistenza si sono svolti indipendentemente dalle attività avvenute altrove.
«Le immagini della galassia WLM fanno parte di un ampio studio delle popolazioni stellari e del mezzo interstellare nelle galassie del Gruppo Locale, denominato ‘VST/Omegacam survey of Local Group Dwarf Galaxies’ frutto di una collaborazione italo-olandese», ha spiegato Enrico V. Held (INAF-OAPd) che con E. Tolstoy (Univ. Groningen) dirige il programma di ricerca. «Il confronto delle proprietà delle galassie nane isolate, come WLM, con altri satelliti della nostra Via Lattea, aiuterà gli astronomi a capire l’evoluzione di questi affascinanti oggetti».
Questa piccola galassia mostra un alone molto esteso di stelle rosse e molto deboli, che si estende nell’oscurità dello spazio circostante. La tinta rossastra indica un’età avanzata per le stelle. È probabile che l’alone risalga alla formazione originale della galassia stessa, e potrebbe offrirci indizi sul meccanismo che ha prodotto le primissime galassie. Le stelle al centro di WLM invece appaiono blu e più giovani. In questa immagine alcune nubi rosate illuminano l’area in cui la luce intensa delle giovani stelle ha ionizzato il gas idrogeno circostante, facendolo splendere di una caratteristica sfumatura di rosso.
Per saperne di più:
Leggi QUI il comunicato stampa in italiano dell’ESO