Ancora non ne abbiamo incontrata una, d’intelligenze extraterrestri, e già pensiamo d’essere più furbi di loro. L’ultima trovata, che se non fosse apparsa su una rivista seria e blasonata come Monthly Notices of the Royal Astronomical Society non esiteremmo a prendere per un pesce d’aprile, l’hanno messa a punto due astronomi dell’altrettanto prestigiosa Columbia University. E promette di farci uscire vittoriosi in un’eventuale gara a nascondino con gli alieni.
Come? Con il trucco più diffuso e collaudato che esista in natura: il mimetismo. Un mimetismo in salsa hi-tech e su scala planetaria, visto che quello che si vorrebbe rendere invisibile è l’intera Terra. Ma pur sempre di mimetismo si tratta, o a voler proprio essere pignoli di criptismo: camuffarsi così da confondersi con lo sfondo, in modo da passare inosservati.
E letteralmente di passare inosservati si tratta, perché lo scenario immaginato dagli astronomi David Kipping e Alex Teachey è quello d’una civiltà aliena in procinto di scoprirci con il metodo dei transiti – né più né meno di ciò che abbiamo fatto noi terrestri con il telescopio spaziale Kepler della NASA, quello che ci ha permesso di scoprire oltre un migliaio di pianeti extrasolari.
Il ragionamento in sé – mettersi nei panni d’una civiltà aliena in cerca di compagnia – è suggestivo ma non nuovo: ne parlavamo giustappunto un mese fa anche qui su Media INAF. Solo che, mentre in quel caso lo scopo dei ricercatori, nel chiedersi se un’intelligenza aliena potrebbe aver scoperto l’esistenza della Terra con il metodo dei transiti, era quello d’ottimizzare la strategia di caccia da parte nostra, obiettivo del nuovo studio è mettere a punto un piano per sfuggire all’individuazione.
Piano, bisogna riconoscere, piuttosto ingegnoso e incredibilmente ben dettagliato, finanche nell’impatto sulla bolletta elettrica planetaria. Camuffarsi con i colori dello sfondo, dicevamo. Bene, trattandosi del transito su una stella, nel nostro caso il Sole, lo “sfondo” da copiare altro non è che la luce emessa dalla stella stessa. Se non vogliamo che gli alieni si accorgano della nostra presenza dal leggero calo di luminosità provocato dal passaggio della Terra sul disco solare, è dunque sufficiente compensare quel calo di luminosità. Così da mascherare il transito e passare, per l’appunto, inosservati.
Materiale richiesto: un fascio di luce laser. E nemmeno troppo potente. Stando a quanto è scritto nell’abstract dell’articolo, un laser da 30 MW che emetta in modo continuo per circa 10 ore all’anno sarebbe sufficiente a mascherare il segnale di transito, almeno in luce visibile. Una quantità d’energia non indifferente, ma nemmeno spropositata: paragonabile, dicono gli autori, a quella collezionata in un anno dalla Stazione spaziale. Estendere l’invisibilità conferita dal mantello laser a tutte le lunghezze d’onda sarebbe invece una decina di volte più impegnativo, parliamo d’una potenza complessiva di 250 MW. Ma se sono in gioco la libertà e la sopravvivenza della nostra stessa civiltà, non è che ci mettiamo a controllare i contatori, no?
Comunque sia, se proprio volessimo andare al risparmio, non sarebbe necessario nascondere agli occhi alieni l’intera Terra: basta che non s’accorgano della presenza di forme di vita. Uno stratagemma che renderebbe il nostro pianeta certo assai meno appetibile, al modico costo energetico di 160 kW di picco a transito: quanto basta per nascondere ogni traccia d’attività biologica, a partire dall’ossigeno in atmosfera. Come dire: se quelle sono intelligenze extraterrestri, noi che siamo, geni?
Ma perché dovremmo nasconderci agli alieni? Se pensate siano solo paranoie galattiche, se già state obiettando che chi ha paura muore ogni giorno, ebbene: oltre a ricordare che eminenti scienziati – Stephen Hawking, per dirne uno – ci hanno messo in guardia dai rischi insiti nello sbandierare ai quattro venti (stellari) la nostra esistenza, i due ricercatori della Columbia sottolineano come la loro ricerca ci offra né più né meno che uno strumento. Sta poi a noi decidere se e come usarlo. «C’è un dibattito in corso sull’opportunità di pubblicizzare, o invece nascondere, la nostra esistenza agli occhi d’eventuali civiltà avanzate che abitino mondi situati altrove nella nostra galassia. Il nostro lavoro», sottolinea Kipping, «offre all’umanità una scelta, almeno per quanto riguarda gli eventi di transito, e dovremmo pensare a ciò vogliamo fare».
Volendo portare a un livello superiore il gioco di specchi ricorsivo dell’io so che tu sai che io so, occorre poi considerare la possibilità che anche gli alieni abbiano avuto la stessa pensata. Sarà per questo che non li troviamo? Se così fosse, il suggerimento che i due autori rivolgono al progetto SETI è d’iniziare a cercare, oltre a eventuali segnali radio alieni, anche tracce di “transiti artificiali”. Vedi mai…
Per saperne di più:
- Leggi su MNRAS l’articolo “A Cloaking Device for Transiting Planets”, di David M. Kipping e Alex Teachey