La sonda New Horizons della NASA è passata alla storia il 14 luglio del 2015, quando ha effettuato il primo sorvolo ravvicinato di Plutone nella storia dell’esplorazione spaziale. Grazie a questo incontro, abbiamo potuto ammirare per la prima volta immagini nitide ed estremamente dettagliate della superficie del pianeta nano, e abbiamo potuto ottenere informazioni entusiasmanti e inaspettate sulla sua geologia, composizione e sull’atmosfera.
Le immagini mozzafiato offerte da New Horizons rappresentano forse il risultato più famoso di questo ambizioso progetto, ma la sonda ci ha inviato anche un’enorme quantità di dati, tra i quali il monitoraggio della struttura del vento solare, che ha coperto un arco temporale di oltre tre anni e una regione dello spazio visitata per ora da pochi veicoli spaziali. Uno studio pubblicato oggi su The Astrophysical Journal Supplement mostra i risultati estratti dai dati di New Horizons circa il vento solare incontrato dalla sonda lungo il proprio cammino.
In particolare, i risultati presentati nell’articolo riguardano i dati raccolti dallo strumento Solar Wind Around Pluto (SWAP), gestito dal Southwest Research Institute (SwRI). SWAP è in grado di misurare il vento solare raccogliendo gli ioni che trova lungo le propria traiettoria. I risultati dello studio hanno mostrato come il flusso di particelle provenienti dal Sole, che nella regione interna del Sistema solare è modellato dall’interazione tra flussi a diverse velocità e dagli episodi eruttivi del Sole, diventi più uniforme una volta superata l’orbita di Plutone.
Attualmente la sonda New Horizons si trova a circa 35 unità astronomiche (ovvero 35 volte la distanza della Terra dal Sole) ed è l’unica sonda operante nel sistema solare esterno. Se da un lato è vero che la sonda Voyager 2 ha ottenuto, fino ad ora, le misure più distanti del vento solare, è vero anche che SWAP sarà il primo ad ottenere dati sugli ioni interstellari in regioni così remote.
L’autrice principale dello studio, Heather Elliott, ha sottolineato che SWAP è rimasto attivo anche quando il resto degli strumenti a bordo di New Horizons erano spenti, una sorta di “letargo” della sonda per risparmiare energie durante i nove anni di viaggio verso Plutone. «Lo strumento era stato programmato per accendersi soltanto per controlli annuali, dopo il flyby di Giove del 2007», spiega Elliot. «Abbiamo sviluppato solo in seguito un piano per mantenere accesi gli strumenti di rivelazione delle particelle cariche anche durante tutto il viaggio, mentre il resto della navicella poteva rimanere spenta. L’inizio della raccolta dati è avvenuta nel 2012. Ci sono caratteristiche simili tra ciò che è stato visto da New Horizons e da Voyager 2, ma il numero di eventi è diverso, poiché attività solare era molto più intensa quando la sonda Voyager 2 si trovava ad attraversare questa regione».
Dal momento che il vento solare proviene dal Sole, gli eventi che avvengono in prossimità della nostra stella sono ciò che modella l’ambiente dello spazio circostante. Eventi esplosivi, come massicce espulsioni di massa coronale o collisioni di flussi a diverse velocità, possono produrre tempeste magnetiche ed episodi come le aurore, in pianeti dotati di campo magnetico e atmosfera. Queste caratteristiche sono ben studiate nel sistema solare interno, ma New Horizons non ha potuto ottenere lo stesso livello di dettaglio.
«A tali distanze le dimensioni di scala della struttura del vento solare aumentano, poiché le struture più piccole hanno tempo di dissolversi o fondersi ad altre», dice Elliot. Tuttavia, con la rotazione del Sole su se stesso, e con esso le strutture che danno vita al vento solare, è possibile avere la formazione di strutture. New Horizons non ha certamente identificato strutture simili a quelle presenti nei pressi del Sole, ma comunque ha rilevato delle forme definite.
«Le differenze di velocità e densità si appiattiscono più ci si allontana dal Sole», spiega Elliot. «Ma il vento continua a riscaldarsi mentre viaggia, perché i flussi più veloci incontrano quelli più lenti, e possiamo osservare gli effetti della rotazione del Sole anche nel sistema solare esterno grazie alle variazioni di temperatura».
Non solo i dati di New Horizons ci forniscono nuovi fondamentali scorci su un ambiente pressoché inesplorato come il sistema solare esterno, ma le informazioni raccolte ci aiutano a completare la nostra comprensione degli effetti del Sole sullo spazio circostante. Sebbene lo spazio sia un un migliaio di volte più vuoto anche delle migliori condizioni di vuoto create in laboratori terrestri, non è del tutto privo di materia. Le particelle cariche ed energetiche provenienti dal Sole formano un flusso sempre più tenue, più ci si allontana dalla stella. Questo flusso, insieme a episodi più rari e violenti come le emissioni di massa coronale, può influenzare enormemente le condizioni di volo di un veicolo spaziale, e quindi anche quelle che un giorno incontreranno gli astronauti diretti verso Marte, o magari mondi ancora più lontani.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Supplement l’articolo “New Horizons Solar Wind Around Pluto (SWAP) Observations of the Solar Wind From 11-33 AU” di H. A. Elliott, D. J. McComas, P. Valek, G. Nicolaou, S. Weidner e G. Livadiotis