La luna galileiana Europa subisce un continuo stress gravitazionale. Mentre orbita attorno a Giove, la sua superficie si solleva e ricade continuamente a causa del richiamo gravitazionale del pianeta. Gli scienziati concordano sul fatto che questo processo sia in grado di generare una quantità di calore sufficiente a produrre un oceano liquido sotto alla sua crosta ghiacciata.
Gli esperimenti condotti da due geologi delle università statunitensi Brown e Columbia suggeriscono che questa dissipazione mareale potrebbe creare molto più calore di quanto fosse stato ipotizzato in passato. Lo studio potrebbe aiutare i ricercatori a ottenere una stima più precisa dello spessore della crosta ghiacciata di Europa.
Le lune più massicce di Giove, chiamate Europa, Io, Ganimede e Callisto, sono state scoperte da Galileo durante le sue osservazioni all’inizio del 1600. Quando la NASA ha inviato le prime sonde nei pressi di Giove, negli anni ‘70, ed è riuscita ad osservare più da vicino anche le sue lune, queste hanno tutte mostrato caratteristiche inaspettate e sorprendenti.
«Gli scienziati si aspettavano di vedere mondi freddi e privi di vita, ma sono stati immediatamente smentiti e sconvolti da ciò che hanno trovato», dice Christine McCarthy, prima autrice dello studio e professoressa presso la Columbia University. «Era chiaramente in corso un qualche tipo di attività tettonica, e su Europa c’erano punti in cui il ghiaccio sembrava sciogliersi o assumere una consistenza fluida».
L’unico modo per ottenere abbastanza calore in una regione del sistema solare così distante dal Sole è attraverso dissipazioni mareali. Si tratta di un effetto simile a quello che si ottiene piegando più volte una gruccia di metallo, spiega McCarthy. «Se si piega più volte avanti e indietro un pezzo di metallo, è possibile sentire calore nel punto in cui è stato piegato», dice. Tuttavia, i dettagli dei processi che avvengono sulla superficie ghiacciata di Europa non sono ancora chiari, e quando i ricercatori hanno effettuato delle simulazioni per comprendere meglio queste dinamiche i risultati sono stati sorprendenti.
«Fino a ora erano stati utilizzati dei modelli meccanici semplici per descrivere le sollecitazioni subite dal ghiaccio», dice McCarthy. «Ma i calcoli suggeriscono che l’acqua liquida sotto la superficie di Europa non riceva i flussi di calore in grado di creare il tipo di tettonica osservato, così abbiamo eseguito una serie di esperimenti per cercare di comprendere meglio questo processo».
Insieme al professor Reid Cooper della Brown University, McCarthy ha sottoposto una serie di campioni di ghiaccio a carichi di pressione simili a quelli che agiscono sulla crosta di Europa. Quando tali carichi vengono applicati e rimossi, il ghiaccio si deforma e in una certa misura rimbalza. Misurando l’intervallo di tempo intercorso tra l’applicazione della sollecitazione e la deformazione del ghiaccio è possibile dedurre quanto calore viene generato durante il processo.
I modelli precedenti a questo esperimento avevano assunto che la maggior parte del calore generato provenisse dall’attrito tra i grani di ghiaccio. Questo implicherebbe che la dimensione dei grani influenza la quantità di calore prodotto. Gli esperimenti di McCarthy e Cooper hanno invece dimostrato che i risultati sono simili anche alterando in maniera sostanziale la dimensione dei grani. Questo indica che il processo attraverso il quale si genera calore è legato ai difetti formati all’interno del reticolo cristallino del ghiaccio a causa della deformazione. Tali difetti generano molto più calore di quanto stimato in precedenza.
«Christine ha scoperto che, rispetto ai modelli comunemente adottati dalla comunità scientifica, il ghiaccio sembra essere un ordine di grandezza più dissipativo di quanto pensavamo in passato», dice Cooper. Una maggiore dissipazione comporta maggiori quantità di calore, e questo potrebbe avere importanti ricadute sulla struttura interna di Europa.
«La fisica alla base del comportamento del ghiaccio che ricopre Europa è di fondamentale importanza per comprendere quanto la sua crosta sia spessa», spiega Cooper. «Lo spessore della crosta, a sua volta, ha implicazioni importanti sulla chimica e la dinamica interna della luna gioviana. E siccome ci sono numerosi indizi circa la possibile presenza di vita all’interno di Europa, la chimica dei suoi strati più profondi è un aspetto fondamentale da conoscere».
McCarthy e Cooper sperano che i teorici faranno tesoro del loro risultato, e che si arrivi presto a una conoscenza più approfondita degli oceani di Europa. «Il nostro studio fornisce ai teorici una nuova fisica da applicare ai loro modelli», conclude McCarthy.
Per saperne di più:
- Leggi su Earth and Planetary Science Letters l’articolo “Tidal dissipation in creeping ice and the thermal evolution of Europa” di Christine McCarthy e Reid F. Cooper