Si sa che i radioastronomi italiani sono tra i più bravi al mondo e vengono chiamati ovunque per effettuare studi, esperimenti e test. Un team tutto italiano già collaudato, composto da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, collaboratori del DIATI del Politecnico di Torino e dell’IEIIT del CNR, ha partecipato a una nuova misurazione aerea (utilizzando un simpatico ma sofisticato drone) per migliorare le future prestazioni dell’elemento LFAA (Low Frequency Aperture Array) dello Square Kilometre Array (SKA). Questa volta i test sono stati effettuati nel Nord-Est dell’Olanda presso la stazione CS302 di LOFAR (facility di ASTRON- Astronomy institute Netherlands Institute for Radio Astronomy) nell’ambito delle attività portate avanti nel progetto TECNO INAF 2014 intitolato “Advanced calibration techniques for next generation low-frequency radio astronomical arrays”.
Già due anni fa (vedi Media INAF) gli stessi ricercatori avevano utilizzato l’esacottero dell’INAF per caratterizzare un primo dimostratore di SKA posto a Cambridge. Pietro Bolli, ricercatore presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri, ha spiegato a Media INAF che «con la campagna di misura in corso In Olanda, per la prima volta il sistema drone è stato utilizzato su una facility radioastronomica operativa, dando così la possibilità di riscontrare i benefici prodotti dall’utilizzo di questa tecnica direttamente sui dati ottenuti nel corso delle future osservazioni radio astronomiche».
Di cosa si tratta? Sul drone è montato un trasmettitore che è stato già utilizzato in passato in Italia per caratterizzare le prestazioni elettromagnetiche di antenne ed array radio astronomici operanti a bassa frequenza (ad esempio a Medicina). L’apparecchio vola a un’altezza di 100 metri dal suolo e attraverso un’antenna irradia un segnale noto che viene ricevuto a terra dall’antenna under test. Come si procede? I ricercatori hanno il compito di misurare il diagramma di radiazione a varie frequenze dell’antenna sottoposta al test.
Bolli ha specificato che «in questa sessione di misura si caratterizzeranno i diagrammi di radiazione delle antenne sia a bassa che ad alta frequenza di una delle stazioni di LOFAR nel loro ambiente operativo, quindi tenendo in considerazione fenomeni di accoppiamento elettromagnetico con il terreno sottostante e con le altre antenne presenti nell’array. Questa misura fornirà i dati sperimentali con i quali sarà possibile migliorare i modelli elettromagnetici utilizzati per calibrare il sistema di ricezione».
Il sistema è stato finanziato da INAF ed è stato sviluppato in collaborazione con il Politecnico di Torino – Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Elettronica ed Ingegneria delle Telecomunicazioni (CNR-IEIIT) e come detto è stato già utilizzato nei dimostratori italiani di MAD2 e MAD3.
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